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Catturandi: l’attore Alessandro Rugnone si racconta a Verve

Dal cattivo mafioso Spina in Squadra Antimafia al servitore dello Stato Aiello in Catturandi, dall’esperienza da fuori sede a Roma alla sua Palermo: Alessandro Rugnone, attore palermitano, si racconta a Verve.

Classe ’84, palermitano orgoglioso e attore a tutto tondo:  Alessandro Rugnone, co-protagonista nella fiction di Rai 1 Catturandi – Nel nome del padre, è uno di quei tanti giovani siciliani che hanno rincorso un sogno e l’hanno realizzato, altrove.

catturandiAppena diciottenne, infatti, si trasferisce a Roma per studiare all’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico. Il sogno di diventare un attore si realizza con i primi ruoli importanti in tv, come quelli nelle serie de Il Commissario Montalbano e Raccontami 2. E’ nel ruolo dello spietato mafioso Ruggero Spina in Squadra Antimafia che consacra al grande pubblico le sue capacità attoriali.

In queste settimane lo ritroviamo in televisione, stavolta come co-protagonista nella fiction dedicata al famoso nucleo di valorosi poliziotti della Squadra Mobile di Palermo. Il suo personaggio, Nino Aiello, è un fedele servitore dello Stato che sembra nascondere qualche zona d’ombra.

Abbiamo intervistato Alessandro Rugnone per scoprire qualcosa in più del suo nuovo ruolo da “buono”, della sua carriera e del suo rapporto con Palermo.

La fiction Catturandi, in onda su Rai1 in queste settimane, ti vede ricoprire il ruolo del sovrintendente Nino Aiello. Com’è stato interpretare questo personaggio? Trovi delle affinità con la tua personalità?

<<Le riprese di Catturandi sono durate cinque mesi, periodo passato catturandidalla troupe quasi interamente a Palermo. È stata l’estate più bella che potessi augurarmi di trascorrere: al lavoro nella mia città con colleghi eccezionali. Aiello si presta ad un’ interpretazione “brillante”. Ho cercato di metterci del mio, ed è curioso rivedersi a distanza di due anni e notare con un certo distacco le scelte che sono state fatte. Qualche affinità si: siamo entrambi molto seri sul lavoro e dei cazzoni nella vita.>>

Il cast di Catturandi è un bel mix di attori giovani e altri più maturi e di esperienza. Chi di loro, se c’è stato, ti ha lasciato qualcosa in termini di arricchimento professionale?

<<È stato prezioso incontrare questo gruppo: dal trucco ai compagni di scena, dai macchinisti al reparto regia, porto un ricordo denso di questa esperienza.>>

A proposito di esperienza… Teatro, regia, cinema, televisione: nonostante la tua giovane età hai già un ricco e assortito curriculum. Preferisci o ti senti portato per un settore di questi in particolare?

<<Considero il mio percorso una scoperta, ogni volta che ci sarà qualcosa da scoprire, un luogo in cui mettermi alla prova per imparare saprò di essere nel posto giusto. Ti ringrazio per aver citato l’esperienza di regia: non sono un regista ma ho diretto due attori straordinari su un testo che ho creato insieme a loro. È stata l’esperienza artisticamente e umanamente più ricca che abbia vissuto in vita mia. Spero di non risultare patetico se dico che mi ha salvato la vita. Mi auguro di esser riuscito a dare qualcosa anche io alle persone che mi hanno seguito in quell’esperienza supportandomi e, soprattutto, sopportandomi.>>

catturandiNon molto tempo fa ti abbiamo visto nei panni dello spietato Ruggero Spina in Squadra Antimafia, il mafioso che rapisce il figlio di Rosy Abate (Giulia Michelin). Quest’anno ti vediamo nelle parti, invece, di un servitore dello Stato. Come attore preferisci maggiormente il ruolo del cattivo o quello del buono?

<<Con l’uscita di Catturandi sta capitando una cosa a cui non ero abituato: mi hanno scritto poliziotti, e fermato per strada servitori dello stato per ringraziarmi del nostro lavoro: mi dicono che restituiamo un’immagine credibile e si sentono raccontati con rispetto e cura. Penso sia un riconoscimento importante.>>

Da palermitano cosa si prova a recitare dei ruoli che, nel bene e nel male, legano la Sicilia costantemente al problema della Mafia e della criminalità?

<<Finché esisterà il fenomeno mafioso non se ne sarà mai parlato abbastanza: nelle notizie di cronaca, nei libri d’inchiesta, nella fiction, nei post su Facebook o per le strade ad una manifestazione. Parlarne è una delle modalità che ha a disposizione chi fa cultura, per combatterla la mafia. Questo, almeno, è il mio punto di vista.>>

Da trentenne, figlio di un’epoca difficile in termini di possibilità lavorative, soprattutto se si nasce al sud, com’è stata accolta dalla tua famiglia e dai tuoi amici la volontà di trasferirti a Roma per frequentare l’Accademia di Arte Drammatica S. D’Amico? Ti hanno incoraggiato?

<<Sempre. La mia famiglia (amici inclusi) è composta da persone che catturandihanno creduto in me in maniera incondizionata. Vivere lontano da casa a 18 anni, catapultato in una realtà profondamente diversa da quella in cui sei cresciuto è eccitante e doloroso allo stesso tempo. Non so bene spiegarlo, ho vissuto per molti anni della mia seppur breve vita da emigrato e non nascondo che è una condizione in cui i miei cari e i miei amici mi sono mancati molto.>>

Quali sono i tuoi progetti futuri? Tornerai in Sicilia per lavoro?

<<Sono già in Sicilia da un po’. Sto per concludere il percorso universitario che ho deciso di completare iscrivendomi alla specialistica di lettere due anni fa. Sinceramente? Non ho alcuna intenzione di andarmene… Viva Palermo e Santa Rosalia!>>

 

 

 

Sabrina Gottuso

Classe '86, web content e social media strategist. Appena ventenne ho iniziato a lavorare per diverse testate giornalistiche on-line e cartacee, tra le quali il Giornale di Sicilia. Su Verve Magazine racconto la mia passione per la moda, per il lifestyle e do spazio alle storie più sorprendenti.

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