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Dalai Lama a Palermo e la sua “Educazione alla Gioia”, in un giorno di luce e amore dedicati alla città

Sua Santità il Dalai Lama a Palermo torna a illuminare della sua saggezza gioiosa la città. Lo fa dal palcoscenico del Teatro Massimo con una conferenza intitolata “Educazione alla Gioia”. Il pubblico uditore in sala lo ascolta con attenzione e sentimento. Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, lo accoglie quale amico fraterno

La prima volta del Dalai Lama a Palermo ebbe luogo nel 1996, vent’anni or sono. Ad accompagnarlo in quell’occasione l’attore di Hollywood, nonché fervente buddista, Richard Gere. Era il 17 maggio 1996, ed il massimo esponente della religione Buddista Tenzin Gyatso XIV Dalai Lama del Tibet giungeva, con le sue parole di pace e d’amore, in una Palermo ferita da un passato di vergogna e paura ma desiderosa di riscatto. A ricevere il Dalai Lama il Sindaco Leoluca Orlando, che gli conferì la “cittadinanza onoraria”. Oggi, come allora, è ancora Orlando ad accogliere Sua Santità. A salutarlo con il Namasté rituale, a chiamarlo per nome come d’uso tra amici e fratelli.

E’ Orlando a far riferimento al Dalai Lama come ad un palermitano, un nostro concittadino. Esattamente allo stesso modo appella i 410 migranti sbarcati proprio nelle stesse ore della conferenza al porto di Palermo; tra loro un neonato e la sua mamma subito ricoverati all’ospedale Policlinico. Anche loro, dunque, ufficialmente accolti dal sindaco di Palermo, come fratelli e veri palermitani.

Tenzin Gyasto non lesina affettuosità. Prende la mano di Orlando, la stringe. Lo carezza in viso. Gesti fisici che vanno a delineare il mood dell’intero matinée tra gli stucchi dorati del Massimo. La fratellanza declinata nei termini dell’amore reciproco, dell‘altruismo e della compassione.

Tenzin Gyasto è il Geshe (nel buddhismo tibetano un “maestro spirituale”) ma è allo stesso tempo un anziano signore amabile e molto spiritoso. Un essere umano radioso nella sua semplicità. L’uomo che è facile poter ammirare con gli occhi dell’affetto. Kesa rituale, rossa e gialla e occhialini dal taglio ovale su montatura color corteccia. Il Dalai Lama a Palermo alterna battute di spirito a momenti di straordinaria dolcezza, riflessioni profonde sull’animo umano a considerazioni politiche volte  a realizzare un effettiva unione dei popoli. Il suo parlare è ricco di metafore e aneddoti, calati in un mondo spirituale pervaso dalla gioia interiore.

La gioia come fulcro dell’intera esistenza umana. Gioia che si colma del sentimento puro della compassione. Gioia da non confondersi con la mera e superficiale felicità data dalle cose materiali. Una gioia quale risultato ultimo e splendente di un buon cuore amalgamato al dono dell’intelligenza.

Spiega il Dalai Lama: “Quando parlo di buon cuore, che è poi il seme della compassione, ebbene questo è già con noi sin dalla nascita. Si modella a partire dall’attitudine mentale di una madre, se pacifica e buona. Influisce già sul feto mentre si sviluppa, e fiorisce dopo la nascita nella pratica amorevole dell’allattamento e del contatto fisico. Per cui, il buon cuore è tendenzialmente presente in ognuno di noi. Crescendo, poi, veniamo in contatto con l’educazione, il sistema d’istruzione, la società stessa. Queste spesso sono improntate su dei valori materialistici. Accade dunque che il buon cuore e la compassione vengano resi inermi, come addormentati”.

E conclude: “E’ necessario, allora, unire il buon cuore con l’intelligenza , ampliarli e trasformarli in un nuovo sistema di istruzione, una nuova materia che entri nel nostro sistema educativo”.

Dal particolare al generale. Il Dalai Lama coerente con sé stesso, narra dei cuori di singoli esseri umani e dell’ispirazione che possono offrire alle grandi potenze.

La famiglia Danese che si reca in Nigeria onde fondare un centro di ricovero e d’istruzione, atto a salvar da morte certa quei bambini che le superstizioni locali vogliono figli delle streghe e portatori di malocchio. Esprime la sua  approvazione per la Sicilia, piccola grande isola, che si impegna con immensa compassione nell’accoglienza e custodia dei migranti. Singoli individui e piccole comunità, illuminate dal desiderio d’altruismo. Embrioni palpitanti di una pacificazione salvifica dell’umanità.

Esempi questi che, fondamentalmente, si vanno a raccordare alle azioni dei piccoli gruppi benefici, delle associazioni, delle organizzazioni non governative. Compagini umane, trascinate dalla medesima esigenza alla cura degli altri, e che sarebbero ancor più efficaci se trovassero una coordinazione internazionale.

Il Dalai Lama ci tiene a ricordarlo: “Siamo tutti una sola comunità di esseri umani. Pensieri come la violenza e la sopraffazione sono obsoleti e davvero non portano a nulla. Il nostro presente è dato dall’essere tutti connessi l’uno con l’altro. Il bene di questa comunità è in relazione alla comunità vicina, il bene di entrambe è in relazione al bene della nazione, il bene di questa nazione è in relazione al bene della nazione vicina. Il bene delle nazioni asiatiche è in relazione dal bene delle nazioni occidentali e viceversa. Il bene del sud è in relazione al bene del nord.”

Il Dalai Lama vede il ventunesimo secolo come quello della lungimiranza e del dialogo, dopo un ventesimo secolo funestato da guerra e distruzione. Le sue idee geopolitiche auspicano un’unione europea più forte e consapevole a cui possa unirsi la Russia.

Sorprende l’idea di poter spostare il quartier generale della NATO a Mosca, in modo da mantenere un senso di sicurezza e d’unione tra tutte le potenze d’occidente. Più che roseo, il sogno di vedere l’unione tra tutti gli stati africani e tra quelli asiatici. Fino a creare una Pangea politica che porti all’unione del mondo, ad una demilitarizzazione e denuclearizzazione totale e radicale. Per giungere ad un futuro di pace universale, condivisione armonica. La fine delle paure legate a conflitti e discordie.

Il Dalai Lama, infine, incalzato dalle domande del pubblico, si espone a favore della pluralità di filosofie e teologie definendole d’aiuto e conforto ad ogni genere di fragilità ed insicurezza umana.

Sua Santità dà, inoltre, a tutte le religioni pari dignità e ne pone in risalto la complementarietà. “Differenti concetti, differenti filosofie ma lo stesso Dio” annuncia conciliatorio. Equipara tutte le religioni, nella loro capacità di adattarsi e rispondere a mentalità e bisogni culturali differenti rispettandosi però vicendevolmente. E sottolinea “La religione è un affare privato che non può essere contrattato”.

La conferenza si chiude con uno scroscio emozionato e commosso di applausi. Il Dalai Lama ringrazia il pubblico e ammonisce: “la pace non viene dalle preghiere o dalla meditazione, essa deriva dalle azioni degli uomini sono loro che devono creare le condizioni per farla fiorire sulla terra”.  Si dice vicino alle sofferenze della minoranza islamica Tamil, perseguitata in Sri Lanka dalla maggioranza Buddista.

L’ultimo pensiero del Dalai Lama a Palermo, inevitabilmente, si è poi involato al Tibet la patria occupata da cui è esule. Una tale disposizione d’animo ha fortemente palesato la volontà di vederla un giorno ancora libera ed indipendente. Una signora del pubblico ha esposto, festante, una bandiera del Tibet. Colpito dal gesto, Sua Santità si  è intrattenuto a ricordare come fu proprio il leader comunista Mao Tse-tung a consigliargli di mantenere vivo e chiaro il ricordo del patrio vessillo, e che ciò dovrebbe poter bastare alle odierne autorità cinesi estremamente reticenti ad una sì innocente pratica.

Sorride placido e ironico il Dalai Lama. Fa smorfie e piccole linguacce, come un bambino. Nel deambulare ha bisogno di un braccio a cui appoggiarsi, come un nonno tenero e aggraziato. Incontrarlo è insieme un’esperienza solenne e delicata, spassosa e sacra. Unica.

Il Dalai Lama ha firmato con gioia il registro dei visitatori di Palermo, lo stesso che in luglio hanno siglato i reali d’Olanda. A lui è stato donato un Ficus religiosa, albero sacro ai buddisti, gianisti e induisti. Una pianta, che non cresce nei nostri climi, ma è stata coltivata appositamente dall’Università di Palermo e sarà interrata all’Orto Botanico di Palermo, divenendo così un forte segno per l’accoglienza e la convivenza di popoli differenti. A lui è stato presentato l’olio della pace, dei Premiati Oleifici Barbera; un olio purissimo tratto da 381 tipi d’oliva differenti.

Splendente ed impegnativo per mole, il rosario d’ametista dono dell’artista orafa Angela Pintaldi. Una riproduzione in terracotta del Teatro Massimo, cadeaux dall’intera Fondazione, è stata consegnata al Dalai Lama dal sovrintendente Francesco Giambrone. Immancabile, l’acqua benedetta dal santuario di Santa Rosalia dono personale del sindaco Orlando.

Ma il regalo che Tenzin Gyatso sembra aver gradito maggiormente è il pane, impastato dai giovani migranti accolti alla Missione Speranza e Carità di Biagio Conte. Alla pagnotta calda e fragrante, il Dalai Lama ha subito sferrato un morso. Poi ha alzato lo sguardo, da bimbo monello colto con le mani nella marmellata. Un’immagine ben lontana dall’idea del Buddha tondo, concentrato e perfetto. L’immagine giusta è proprio quella di un grandioso bambino, davvero Santo.

Enrico Rosolino

Enrico Rosolino apre il suo cuore al mondo delle arti alla tenera età di 2 anni, allorquando assiste alla proiezione cinematografica del lungometraggio animato di Walt Disney, Biancaneve e i sette nani. Ha inizio così un lungo percorso di scoperta e apprendimento nel variegato e sfaccettato mondo delle arti. Da piccolissimo si appassiona alla recitazione. Negli studi pone molta enfasi e impegno nelle materie umanistiche e, dunque, sceglie un liceo Classico. Durante l'adolescenza si diletta nella lettura ed interpretazione -a voce alta- dei classici greci. A 15 anni si avvicina concretamente al mondo della danza. Prende lezioni di balletto classico per 12 anni, e ad anni alterni segue dei corsi di danza moderna e contemporanea. L'arte coreutica diviene la sua più grande passione e territorio prolifico di ricerca. Si laurea allo STAMS di Palermo, e si specializza al DAMS di Bologna. Nel capoluogo emiliano affina e porta a più completa maturazione le sue conoscenze e il suo senso estetico e critico d'ambito teatrale. Viaggia molto, visita Parigi, New York, Londra, Barcellona, Copenaghen, Boston, Atene e molte altre città del mondo godendo di un approccio diretto e sentimentale con le di loro bellezze artistiche e culturali. Vive attualmente a Palermo e coltiva moltissimi interessi nei più svariati contesti. Da giugno del 2021 è iscritto nell'elenco dei giornalisti pubblicisti presso l'Ordine dei Giornalisti di Sicilia, per Verve si occuperà della rubrica dedicata al Teatro, alla cultura, e agli eventi dal vivo.

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