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Pierre Richard in “Un profilo per due”, una rivisitazione del Cyrano di Bergerac

Un profil pour deux, Francia/Belgio/Austria/Gemania, 2017  di Stéphane Robelin con Pierre Richard, Yaniss Lespert, Fanny Valette, Stéphane Bissot, Stéphanie Crayencour, Gustave Kervern, Pierre Kiwitt, Macha Méril

Da noi è conosciuto soprattutto per le commedie girate in coppia con Depardieu (La capra, Les compères – Noi siamo tuo padre, Due fuggitivi e mezzo), ma anche i suoi vecchi assolo (come Che carriera che si fa con l’aiuto di mammà, da lui anche diretto, o il dittico di Alto biondo e con una scarpa nera) sono impagabili: Pierre Richard è un attore decisamente da riscoprire.

Lo sa bene Stéphane Robelin, che già gli aveva regalato un bel ruolo nel corale E se vivessimo tutti insieme? (2011) e che ora torna a valorizzarlo nei panni di uno scontroso vedovo che, con poca convinzione e su insistenza della figlia (Stéphane Bissot), si accosta ai benefici del web e si mette a chattare con una signorina belga ben più giovane (la gradevole Fanny Valette), conquistandola. Non volendo deludere le aspettative di quest’ultima, insiste perché la incontri in sua vece il paziente “insegnante” di informatica (Yaniss Lespert), che poi è il taciuto fidanzato della nipote (Stéphanie Crayencour).

Per ammissione dell’autore, che ha scritto pure la sceneggiatura, si tratta di una rivisitazione di Cyrano de Bergerac, irta, se vogliamo, di ingenuità (per esempio, come fa un vecchietto ad ascoltare una conversazione a distanza?), tuttavia aggraziata (dote sempre più rara) e abbastanza conscia dei limiti della sua confezione.

Alcune situazioni sono ben riciclate e l’epilogo (al quale partecipa Macha Méril) è bilanciato e assennato. Il genero del burbero ma simpatico protagonista è interpretato da Gustave Kervern, altrove regista fuori dagli schemi.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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