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Bosko e Admira i Romeo e Giulietta dell’ex jugoslavia, il coreodramma di Bombana al teatro Massimo

Bosko e Admira che si amarono e nella generale follia che li circondava perirono, come Romeo e Giulietta. Sul palcoscenico del teatro Massimo di Palermo, lo straordinario intensissimo coreodramma firmato da David Bombana.

Il titolo resta quello shakespeariano, classico, gonfio di quel suo inestirpabile romanticismo lirico e nero che tante menti a saputo ispirare: Romeo e Giulietta. Ma quello messo in scena, in questa settimana prenatalizia al teatro Massimo di Palermo, non è il balletto che ci si attende. Non la versione celeberrima, voluttuosa e eterea, di Cranko che fu consacrata da Carla Fracci ne tanto meno una ennesima ripresa coreutica del tragico amore dei due ragazzi di Verona. Questo è un lavoro assolutamente differente: originale, identitario.

Un coreodramma di pregevolissima fattura, effetto e intensità. Un opera che profonde tenera sensualità dischiudendo al contempo una narrazione gravida di un bruciante realismo. Un balletto totalmente fisico, scevro di orpelli nella scenografia come nei costumi. Affidato nella sua interezza al compenetrarsi di gesto, dialogico, metaforico e significante, e tecnica classica, tanto spinta quanto destrutturata e plasmata secondo un linguaggio contemporaneo.

È il Romeo e Giulietta di Davide Bombana, il suo più completo e eloquente biglietto da visita. Un lavoro di conclamata e rodata solidità e sostanza. Pensato per il Balletto di Toscana Junior nel 2015 il balletto racconta, sovraimpressa e concentrica alla iconica vicenda di Romeo e Giulietta, la storia d’amore contrastata di Bosko e Admira.Romeo e Giulietta

Lui Serbo, lei Bosniaca di religione musulmana. Due giovani vite, devote l’una a l’altra ma accerchiate dalle brutture e le conflittualità interiorizzate della guerra dei Balcani. Si conoscevano sin dalle scuole elementari, Bosko e Admira, anime affini rimaste intimamente legate e fedeli sino alla maggiore età. Pervasi dell’amore avevano deciso, a mezzo di un salvacondotto, di lasciare la città di Sarajevo, che ormai percepivano come una gabbia. Così, un mercoledì, sulla linea di confine all’altezza del ponte Vrbanja lungo il fiume Miljacka, i due fidanzati tentarono la fuga, finendo la loro corsa freddati da una raffica di proiettili sparati da un ignoto cecchino. Era il 1993.

La coreografia viaggia sulla forza propulsiva di questo moderno dramma dell’amore avversato. I bosniaci musulmani, i Capuleti, come pioggia torrenziale che scivola sulla terra sazia d’acqua, danzano  morbidi e sinuosi lungo il palcoscenico. Il loro denso danzare par terre si contrappone alla verticalità accentuata e sfrenata dei serbi, i Montecchi.

Il ruolo di Romeo è assimilato a quello di Bosko, il ruolo di Giulietta dispare in quello di Admira. Tutto si rinnova, diventa altro, preservando però il costrutto centrale della vicenda. Quell’amore che non desidera conoscere confini.

Admira/Giulietta è una giovane timida e trepidante, i capelli incorniciati dal suo primo chador. Ad interpretarla, prodiga di infinita ed espressiva grazia, una magnificente Romina Leone. La sua danza è  inizialmente leggera e ludica, sempre tendenzialmente orizzontale alla terra, come a voler essere leale con il suo retaggio. Ma allo stesso tempo illuminata da un conscio desiderio di spiccare il volo, verso l’assoluto liberante dell’amore -in improvvisi e dinamici developpé e rond de jambe en l’air.

L’immagine coreutica di Admira è riflessa specularmente in quella che, nel libretto, viene citata come sua più cara amica. Figura che in realtà, a ben vedere, può essere descritta come allegoria della sua stessa anima. Anima multiforme che guizza e si libra in entrelacé, come una colomba, auspicio di libertà; che rincorre inarrestabile il bisogno d’amare e le pretese della carnalità e che altresì rende manifesto il dolore,  piegandosi flessuosa come un giunco riverso all’indietro. A conferire carattere ed impalpabilità a questo irrinunciabile personaggio una catartica e sublime Yuriko Nishihara

Bosko/Romeo è un giovane serbo dallo sguardo profondo ed il fare conciliante.  Le sue braccia si aprono, in un gesto ampio e triangolare, a chiedere il perché di tanto odio e reclamare la pace, sfondano la diga d’incomunicabilità invalicabile della sua gente. La muscolare interpretazione che il danzatore Andrea Mocciardini imprime su Bosko assume, nella programmatica idea di Bombana, i contorni d’una intimità delicata quasi ingenua, da bambino frastornato dagli eventi e deluso della realtà che lo riguarda da vicino. Stridente con l’abito incravattato che indossa.

La principale figura maschile, contrasta in toto con la pervasiva violenta animosità dei comprimari uomini. Intorno a Bosko, l’amico non vero amico, Mercuzio. Nel dramma di Shakespeare, Mercuzio è più un provocatore scherzoso e giullare,  non avrebbe mai battuto i piedi, con violenza, contro Giulietta. La trasposizione, da un atmosfera all’altra, si fa in questo personaggio fortissima. Mercuzio ha il volto livoroso e lo sguardo gelido; nelle carni del danzatore Emilio Barone reca una grandiosa possanza prevaricatrice. La sua danza è espressione di veemenza senza ritegno, nelle braccia slanciate con robustezza e nelle grands pirouettes saute.Romeo e Giulietta

Nemesi di questo Mercuzio privo di ragione ma trascinato solo dall’astio etnico, il Tebaldo del prodigioso ballerino colombiano Brian Ramirez Hurtado.

Una figura bruna e aitante, carica di vigore e genio corporeo. Questo Tebaldo bosniaco si ribella ai divieti (rappresentati anche materialmente da alcuni cartelli di senso vietato) a mezzo d’un  danzare in agilissimo crescendo felino. L’unico che sfida la verticalità, propria all’altra compagine umana, come a voler esternare il proprio diritto d’esistere.

Quello tra Tebaldo e Mercuzio, non si può dire un duello, manca della distanza cavalleresca, è più una lotta senza esclusione di schemi e canoni coreutici. Dove i corpi si lanciano letteralmente, braccia e gambe aperte, petto contro petto; dove le teste si scontrano, l’una sulla spalla dell’altra; e un braccio sferrato, con la mano  serrata in un pugno, vuol dire morte.

Questo di Bombana, dopotutto, può esser narrato come il balletto dei pas de deux. Si apre con la struggente coreo-coefora di madre Capuleti e madre Montecchi (una encomiabile Daniela Filangeri e la sempre lodevole Francesca Davoli). Famiglie matriarcali, come nella più ancestrale delle tradizioni est europee.Romeo e Giulietta

A questo primo momento di mestizia tra capi di nemici fa eco la poesia dei pas de deux tra Bosko/Romeo e Admira/Giulietta. Nelle interazioni danzate dei due protagonisti si respira una condivisione rispettosa e cortese,  un perseguito e riuscito intento del Bombana.

L’iconica scena del balcone ricorda in realtà un fortuito incontro, in un vicolo cittadino poco trafficato. Bosko/Romeo si lancia in un romantico assolo, dapprima aprendosi in un fremente fouette saltato, roteando vorticosamente il braccio destro, poi strusciando e rotolando in terra, a riprendere il carattere motorio della gente di Admira/Giulietta. Lei per tutta risposta si lascia andare a lift leggeri, poggiando la schiena sul busto di lui e articolando le gambe in deliziosi aerei ricami.

Romeo e Giulietta La loro prima ed unica notte d’amore, invece, si consuma in una ambrata luce erotica, i movimenti danzati volutamente immortalati in fogge statuarie, minimali, recitative sotto un lenzuolo che si fa onda di piacere ed avvolge i protagonisti semi-nudi.

È assolutamente comprensibile, dunque, che questo balletto si concluda con la corsa di Bosko/Romeo e Admira/Giulietta verso il confine Serbo. Una corsa  mano nella mano, che parte lenta e va accelerando sempre più. Il sorriso accennato sui visi dei due giovani, spento per sempre dagli spari che impunemente stroncano finanche la musica di Prokofiev. Lui muore sul colpo, lei ferita gravemente si trascina fin sul corpo di lui e si lascia morire. Si trascende la finzione, si entra nella storia con emozione che profonde in turbamento.Romeo e Giulietta

È il Romeo e Giulietta dell’essenza e del fondamento immersi nell’idea concreta e acuta della forme e dello stile. La partitura di Prokofiev, diretta con ardimento e pienezza dal maestro Ido Arad, se ne fa essenziale sostegno e commento. Un’eccellente balletto, d’altra natura, tanto cupo quanto significativo. Di sicura presa, se si fa lo sforzo di comprenderne l’immensità del messaggio. Previste ancora poche repliche, presso il teatro Massimo di Palermo.

Fotografie di Franco Lannino e Rosellina Garbo.

Romeo e Giulietta

Enrico Rosolino

Enrico Rosolino apre il suo cuore al mondo delle arti alla tenera età di 2 anni, allorquando assiste alla proiezione cinematografica del lungometraggio animato di Walt Disney, Biancaneve e i sette nani. Ha inizio così un lungo percorso di scoperta e apprendimento nel variegato e sfaccettato mondo delle arti. Da piccolissimo si appassiona alla recitazione. Negli studi pone molta enfasi e impegno nelle materie umanistiche e, dunque, sceglie un liceo Classico. Durante l'adolescenza si diletta nella lettura ed interpretazione -a voce alta- dei classici greci. A 15 anni si avvicina concretamente al mondo della danza. Prende lezioni di balletto classico per 12 anni, e ad anni alterni segue dei corsi di danza moderna e contemporanea. L'arte coreutica diviene la sua più grande passione e territorio prolifico di ricerca. Si laurea allo STAMS di Palermo, e si specializza al DAMS di Bologna. Nel capoluogo emiliano affina e porta a più completa maturazione le sue conoscenze e il suo senso estetico e critico d'ambito teatrale. Viaggia molto, visita Parigi, New York, Londra, Barcellona, Copenaghen, Boston, Atene e molte altre città del mondo godendo di un approccio diretto e sentimentale con le di loro bellezze artistiche e culturali. Vive attualmente a Palermo e coltiva moltissimi interessi nei più svariati contesti. Da giugno del 2021 è iscritto nell'elenco dei giornalisti pubblicisti presso l'Ordine dei Giornalisti di Sicilia, per Verve si occuperà della rubrica dedicata al Teatro, alla cultura, e agli eventi dal vivo.

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