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Film da vedere al cinema: uscite del 9 maggio 2019

Sui film da vedere al cinema questa settimana aleggiano atmosfere sinistre, a volte solo fantasiose. Non mancano comunque le osservazioni disincantate e i buoni propositi.

Sanare e (provare a) correggere. Paiono le direttive dei film in uscita.

Pokémon – Detective Pikachu, regia di Rob Letterman, vede Justice Smith sulle tracce del padre investigatore scomparso, al fianco dell’improbabile collega di quest’ultimo. Maggior realismo (storia vera) muove “Red Joan”, cioè Judi Dench (e, in versione giovane, Sophie Cookson), universitaria nell’Inghilterra di fine anni ’30 accusata, un sessantennio dopo, d’essere una spia (dirige Trevor Nunn).

Si torna, in parte, a sorridere con Il grande spirito di Sergio Rubini, da lui recitato con Rocco Papaleo (sono un ladro in fuga sui tetti e un matto che si crede un pellerossa), con Solo cose belle di Kristian Gianfreda (dove Idamaria Recati conosce gli ospiti spesso emarginati di una casa-famiglia) e con Tutti pazzi a Tel Aviv di Sameh Zoabi (con il palestinese Kais Nashif, sceneggiatore di una soap opera, influenzato sul lavoro da un comandante israeliano), mentre si torna seri con Jia Zhang-ke e il suo I figli del fiume giallo (in cui Zhao Tao, donna del gangster Liao Fan, va in galera per difenderlo) e con il biopic Ted Bundy – Fascino criminale (nel quale Joe Berlinger percorre le vicende d’un serial killer, qui Zac Efron circondato da Collins, Scodelario e Malkovich).

Tetro è inoltre l’horror romanzesco (rifatto) Pet Sematary, di Kevin Kölsch e Dennis Widmyer, su un camposanto per animali maledetto pertinente alla casa comprata da Jason Clarke e Amy Seimetz, e nemmeno A.N.I.M.A. di Rosario Montesanti e Pino Ammendola (anche attore nel ruolo d’un arido politico in coma ritrovatosi in una sorta di limbo) è esente da cupezza.

Altri sguardi severi sul mondo (e sugli isolamenti) offrono i doc Che fare quando il mondo è in fiamme? di Roberto Minervini e La città che cura di Erika Rossi: il primo parla di persistenti razzismi che creano ostacoli, il secondo segue un progetto a supporto di persone malate.

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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