Un luogo oscuro simile ad uno scantinato, forse una discarica post apocalittica. Al suo interno tre personaggi abbandonati alla loro fragilità, diversità, tre derelitti. Fuori il cortile.
Il cortile è quel luogo fisico, spaventoso e aperto, di cui Peppe e Tano nutrono terrore. Lo evocano spesso, dall’interno sudicio e insalubre della loro piccola tana, nei termini di repressione, assoggettamento e violenza. Si nascondono al Cortile e ne fuggono finanche l’aria.
Tano e Peppe sono uomini poetici: conviventi e dediti migliori amici, legati come fratelli, forse omosessuali innamorati. Peppe è paraplegico, relegato su una vecchia sedia girevole imperniata su un malconcio recipiente blu per l’acqua. Il suo sguardo è perspicace e ha sempre la battuta pronta ed ilare. Nella coppia è quello che decide.
Tano, giacca e cravatta, sembra voler conservare un aspetto borghese, ma i suoi occhiali sono rotti; la lente destra spaccata, malamente aggiustata con dello scotch adesivo marrone. Ha la delicatezza d’una dama di compagnia, è estremamente gentile ma non passivo.
Una storia apparentemente immobile questa di Peppe e Tano, consumata tra surreale chiacchiericcio e carezzevoli gesti quotidiani, talvolta ludici ma mai aggressivi. Una non storia che però si arricchisce allorquando immersa in un sostrato drammaturgico inquieto, quello del cortile appunto.
Cortile di un carcere, affastellato di sopraffattori secondini e violenti compagni di pena. Cortile di un manicomio, ove il cielo è grigio e non lenisce alcuna intima sofferenza. Cortile di una scuola che si fa luogo d’angoscia per coloro che vi ricevono beffe ed umiliazioni.
Luogo singolo e ben identificabile o luogo generico, metafora dunque di una non meglio specificata società. Passato, presente, futuro post-apocalittico. Sembra importi poco, si lascia il pubblico a decidere la natura dei suddetti elementi. Seppur, a conti fatti, sempre di società di parli.
Un elemento esterno, impietoso ed ostile, che impaurisce, annichilisce, rende succubi finanche a mezzo di ciò che può dare piacere. Così come accade al terzo personaggio in scena, l’uomo (senza nome) che emerge dal recondito fognario della sua stessa vita. Un uomo alla ricerca del proprio patetico far pena dinnanzi agli altri esseri umani, che striscia in terra come un serpente onde raccogliere un qualsivoglia favore.
Tano e Peppe si stringono in un abbraccio ristoratore, che si fa colonna portante della loro comune resistenza alle ingerenze del cortile. Un abbraccio potente ma non físico (il movimento dei due attori è ridotto al minimo, come schiacciato anche quando tenti di svincolarsi e esplodere).
Un abbraccio emotivo, continuo, sincero, tra anime pure, intonse, fanciulle, che si appigliano ad una speranza cieca e livida, a tratti cinica.
Il cortile come luogo vagheggiato ma concreto, miracolo della pervasività dritta e intensa di un testo vivo ed incisivo, che si fa scenico.
Dopotutto è la cifra stilistica della compagnia Scimone Sframeli. Fare testo e dal testo ricavare essenza e significato, in un costante disvelamento d’intenti, argomenti, tematiche. E allo stesso tempo amalgamare un siffatto testo, di strati e scavo, alla più musicale e lieve delle metriche classiche, d’eco latino e plautino.
Uno spettacolo serio ma con punte altissime di autoironia, talvolta dark talvolta sagaci. Introspettivo ma semplice alla comprensione, trascendentale ma allo stesso tempo ben agganciato alla realtà. Aperto ad una moltitudine di intendimenti ed interpretazioni quanto, talvolta, netto, chiaro. Concreto anche quando assurdo o volutamente umoristico.
Tutto ciò che resta a Toto e Peppe di questo lercio ma beato rifugio lontano dall’aggressività ferina del cortile e un sacco vuoto, pieno di un vuoto buio. Forse consolatorio e pietoso, forse? al pubblico anche questa scelta.
Un testo teatralizzato che conterà chissà quante recensioni, redatte prima della mia. Perché molto noto a livello europeo e prodotto, con la compagnia Scimone Sframeli, dal Festival d’Automne à Paris insieme con il Kunsten Festival des Arts di Bruxelles, il Théâtre Garonne de Toulouse e le Orestiadi di Gibellina. Una serata evento, di teatro europeo, per lo Spazio Franco ai cantieri culturali della Zisa.