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Jumanji – Benvenuti nella giungla, la recensione di Verve

Rifacimento del quasi omonimo fantasy di oltre vent’anni fa, Jumanji – Benvenuti nella giungla si fa perdonare qualche lacuna. Grazie soprattutto a Jack Black.

Jumanji: Welcome to the Jungle, USA, 2017  di Jake Kasdan con Dwayne Johnson, Kevin Hart, Karen Gillan, Jack Black, Bobby Cannavale, Nick Jonas, Alex Wolff, Madison Iseman

Sovvertendo qualche regola stabilita dal precedente Jumanji (1995), diretto da Joe Johnston e interpretato da Robin Williams (ora omaggiato), questo sequel spurio – arduo definirlo un remake – diretto da Jake Kasdan (figlio del più noto Lawrence e autore di commedie variamente riuscite come Orange County, Bad Teacher o Sex Tape) poteva venir fuori peggio.

Il plot riguarda le (dis)avventure di quattro indisciplinati (ognuno a modo suo) compagni di scuola, lo studioso Spencer (Alex Wolff), l’atletico Fridge (Ser’Darius Blain), la riservata Martha (Morgan Turner) e la vanitosa Bethany (Madison Iseman).

Spediti per punizione a ripulire lo scantinato, trovano un vecchissimo videogioco che decidono incautamente di provare e che li risucchia in una natura selvaggia (e pericolosa) nelle vesti – gli avatar veri e propri sono una novità – di, rispettivamente, Johnson, Hart (già coppia comica in Una spia e mezzo), Gillan (ammettiamolo, una delle attrici più belle della sua generazione, e qui è anche divertente!) e… Black (nemmeno a dirlo, il migliore)! Nel corso di una movimentata partita (lo scopo è recuperare un gioiello e riporlo in una roccia), i ragazzi ovviamente maturano.

La sceneggiatura, scritta addirittura a otto mani, ha dei problemi (perché il carattere di Nick Jonas non ha un alter ego? Da dove proverrebbe la musica della seconda combat dance? Perché non tutti spariscono e precipitano quando “muoiono”?), ma meglio non andare per il sottile: è un discreto intrattenimento per famiglie. Comparsata di Colin Hanks.

 

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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