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La Bella Addormentata del coraggio e dell’ingegno di Matteo Levaggi

La Bella Addormentata di Cajkovskij si risveglia sulla scena del teatro Massimo di Palermo. A richiamarla in vita, l’esplosivo bacio d’artista del coreografo Matteo Levaggi.

La principessa Aurora lascia il suo sonno centenario e polveroso, onde fregiarsi di una rinnovata essenza. Cede all’ammaliante divenire dalla contemporaneità coreutica. Si abbandona all’inedito, l’inesplorato. Aurora non è restia al mutamento, anzi lo indossa alla perfezione. Malgrado ciò, la sua matura innovata beltà non viene compresa. Aurora sperimenta l’insoddisfazione becera e le rimostranze da stadio di grigi nozionisti da palchetto.

Questa, in poche righe la serata della Prima, che ha visto il debutto assoluto, sul palco del Teatro Massimo di Palermo, de La Bella Addormentata su coreografie originali di Matteo Levaggi. 

La trappola si è forse celata nel titolo? Quel celeberrimo “La Bella Addormentata” su musiche di Cajkovskij ha funto da specchietto per le allodole. Ma fatto sta, il teatro si è riempito di una variegatissima compagine umana: giovanissimi, giovani, adulti e anziani. Tutti pronti alla Bella Addormentata fastosa e galante, opera di repertorio in massima parte stereotipata dal pressapochismo culturale e dal sentito dire.

E invece, tutti giù per terra; lo spettacolo spiazza, sorprende, corrompe, deflagra, colma, rivisita, rinvigorisce, sprona.

Si disquisisce di un balletto fortemente voluto, prodotto, supportato e finanziato dalla fondazione lirica palermitana. Uno spettacolo di danza adulto, fresco e audace in grado di far assurgere il Teatro Massimo a novello laboratorio creativo delle arti scenico-coreutiche e allo stesso tempo capace di fornire una valida alternativa commerciale nell’odierno panorama delle produzioni teatrali nostrane.

Tali, dunque, le mire dell’istituzione teatro Massimo di Palermo; perfettamente attese da Matteo Levaggi che con guizzo geniale ha costruito un balletto composito, sfaccettato, irriverente. E’ andata in scena, dunque, una versione de La bella addormentata luminosa d’eclatante contemporaneità. Quella che la danza ed i corpi dei danzatori, volente o nolente, vivono.

Lo spettacolo è degnissimo. E alla fine, fortunatamente, trova la sua giusta collocazione tra  meritati applausi e l’ammirazione di coloro che, sensibili, se ne se ne sono lasciati coinvolgere. O che si son sforzati, intelletti fini ed elastici, di comprenderlo fino in fondo.

 La Bella Addormentata, non è più la dolce ed innocente principessina di Marius Petipa. E’ la Bella Addormentata sensuale e libertina di Matteo Levaggi e della corifea Romina Leone, in questa produzione promossa meritatamente, Prima Ballerina. E’ un’Aurora speciale. E ciò che si muove con lei e intorno a lei è differente, nutrito da un’alterità contemporanea immaginifica e corroborante.

 

Il balletto di Levaggi combina teatralità pura e glamour, sapientemente. Li sposa, li fa collimare nella scelta delle progressioni ed evoluzioni coreutiche da adoperarsi. Allo stesso tempo, l’occhio attento del coreografo, fa in modo che le due componenti restino sempre armoniche e sullo stesso piano, evitando conflittualità e svilimento.

Più nel dettaglio, grande attenzione è riservata alla fluidità e dinamicità d’ogni singolo movimento così come delle scene d’ensemble. All’interno dello scorrere denso e continuo di questi due elementi viene inglobata la gestualità – parecchio eloquente – di braccia e mani, nonché la narrazione stessa delle vicende di Aurora.

La bellezza e la forza di questo spettacolo risiedono moltissimo anche nella coesione e nelle ottime capacità esecutive dell’intero corpo di ballo; encomiabile nell’impegno profuso. Delizioso il grande valzer nel II quadro del I atto, trasformato in un ballo di gruppo, con tanto di trenini della festa, marcette da bambini e dolci altalene.

 

Semplicemente geniale la scena delle nozze di Aurora e Désiré, costruita come un grande rave party a cui partecipano, come vuole tradizione, noti personaggi delle fiabe. Intervengono Cappuccetto rosso ed il lupo (Michaela Colino e Riccardo Riccio) in una veemente versione urban punk. Cenerentola con il suo principe Fortuné (Monica Piazza e Diego Millesimo) in chiave Disney sono colti invece in amoreggiamenti fashionisti. Un Gatto con gli stivali (Diego Mulone), ironico e sgusciante, si carezza con la lunga coda della gattina bianca che riposa sdraiata sul suo braccio destro. La principessa Florina di soave innocenza bambina, si diletta  con il suo uccellino blu brillante giocattolo di latta a molla  (Annamaria Margozzi – ballerina dalla tecnica quadrata ed il controllo minuzioso del corpo – e Gianluca Mascia).

Del Grand Pas Classique dei due protagonisti, punta di diamante del quadro delle nozze, Levaggi salva solo il pas de deux. 

Ne cambia, ovviamente, i connotati regali fuori dal tempo, prediligendo forme coreutiche ben più viscerali, incentrate su uno stretto contatto fisico. Ne mantiene tuttavia il romanticismo di fondo, anzi lo accentua. Aurora appare vestita in body e tutù multicolor, Désiré in jeans e spallina anch’essa multicolore. Ricordano Heather Parisi e Enzo Avallone nel Fantastico 1979.

L’orchestra del Teatro Massimo, diretta dal maestro Farhad Mahani, ha riempito la sala delle melodie di Cajkovskij come fossero un setoso tappeto sonoro. Lo definirei un accompagnamento rispettoso delle danze di Matteo Levaggi. La musica ha avuto modo di esplodere solo alla fine del balletto, quando i due protagonisti portati in trionfo sulle spalle dei personaggi comprimari, si ritrovano schiena contro schiena, piegati all’indietro e in prodigioso cambrè intenti a baciarsi nuovamente. Le loro silhouette formano un’ellissi convessa di un cuore umano che si staglia sulle luci rosee del fondo scena.

Questo balletto è valso a Matteo Levaggi i complimenti vivissimi del sindaco Orlando, del sovrintendente della Fondazione Giambrone, nonché un ingaggio per una nuova produzione ballettistica presso lo Zurich Ballet, con buona pace dei contestatori palermitani.

IN QUESTO LINK, l’approfondimento sui protagonisti del I cast.

Repliche presso il Teatro Massimo di Palermo ancora il 19, 20, 21,22, 23, 27 e 28 Dicembre 2017.

Enrico Rosolino

Enrico Rosolino apre il suo cuore al mondo delle arti alla tenera età di 2 anni, allorquando assiste alla proiezione cinematografica del lungometraggio animato di Walt Disney, Biancaneve e i sette nani. Ha inizio così un lungo percorso di scoperta e apprendimento nel variegato e sfaccettato mondo delle arti. Da piccolissimo si appassiona alla recitazione. Negli studi pone molta enfasi e impegno nelle materie umanistiche e, dunque, sceglie un liceo Classico. Durante l'adolescenza si diletta nella lettura ed interpretazione -a voce alta- dei classici greci. A 15 anni si avvicina concretamente al mondo della danza. Prende lezioni di balletto classico per 12 anni, e ad anni alterni segue dei corsi di danza moderna e contemporanea. L'arte coreutica diviene la sua più grande passione e territorio prolifico di ricerca. Si laurea allo STAMS di Palermo, e si specializza al DAMS di Bologna. Nel capoluogo emiliano affina e porta a più completa maturazione le sue conoscenze e il suo senso estetico e critico d'ambito teatrale. Viaggia molto, visita Parigi, New York, Londra, Barcellona, Copenaghen, Boston, Atene e molte altre città del mondo godendo di un approccio diretto e sentimentale con le di loro bellezze artistiche e culturali. Vive attualmente a Palermo e coltiva moltissimi interessi nei più svariati contesti. Da giugno del 2021 è iscritto nell'elenco dei giornalisti pubblicisti presso l'Ordine dei Giornalisti di Sicilia, per Verve si occuperà della rubrica dedicata al Teatro, alla cultura, e agli eventi dal vivo.

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