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Nove lune e mezza: la recensione di Verve

Michela Andreozzi, attrice comica e caratterista, firma la regia di una commedia che esplora gli infiniti modi di essere donna. In “Nove lune e mezza” un originale spaccato di vita che strizza l’occhio al politicamente corretto

Italia, 2017  di Michela Andreozzi con Claudia Gerini, Lillo Petrolo, Michela Andreozzi, Giorgio Pasotti, Stefano Fresi, Massimiliano Vado, Nello Mascia, Nunzia Schiano

Nessuno nega che l’attuale commedia nostrana graviti pigramente (o timorosamente?) intorno a pochi, sparuti argomenti, che vivacchi – a dispetto di un logorio ormai riscontrabile anche negli incassi – di formule, schemi e facce ricorrenti. È comunque un panorama (da ridipingere almeno in parte, e in fretta) in cui emergono per media qualitativa dei nomi, come Genovese, Bruno o Brizzi.

Michela Andreozzi, esperienze comiche in tv e onorevole gavetta da caratterista, con gli ultimi due ha collaborato pure da sceneggiatrice e nel giro di poco contemporaneamente si è fatta le ossa e ha capito che aria tira. È dunque un piacere, al netto di qualche accettabile cerchiobottismo del soggetto proposto, constatare che il suo lungometraggio d’esordio dietro la macchina da presa colga nel segno: diverte, affronta temi attuali e – per contro – mica da ridere (con critiche velate ma appuntite sulle miopi legislazioni italiche) e si sbizzarrisce in soluzioni registico-narrative piuttosto gradevoli, supportato da un valente cast di amici (facilitato da ruoli ben scritti): da una Gerini sempre più affidabile allo scatenato Lillo, da un accondiscendente Pasotti al puntuale Fresi (e – oltre a Vado, marito dell’autrice – andrebbero citati pure Mascia, Tiberi, Potenza, Cruciani e l’irresistibile assolo di Federica Cifola).

Trama: la vigilessa Tina desidera un figlio, però non riesce ad averne; su consiglio del suo ginecologo, sarà la fertile e “irresponsabile” sorella violoncellista Livia ad affrontare – segretamente – la gestazione al posto suo…

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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