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Bob & Marys – Criminali a domicilio. La recensione

Un buon cast non dà come risultato necessariamente un buon film, al di là degli obiettivi. Succede in Bob & Marys. La causa è una sceneggiatura da risistemare.

Italia, 2018  di Francesco Prisco con Rocco Papaleo, Laura Morante, Francesco Di Leva, Antonino Iuorio, Andrea Di Maria, Simona Tabasco, Massimiliano Gallo, Giovanni Esposito

Dopo aver diretto un episodio del collettivo Vieni a vivere a Napoli, e prima ancora l’interessante thriller Nottetempo, Francesco Prisco prova a raffinare l’idea del parodistico Gomorroide (per il quale aveva fatto da consulente alla regia). In altre parole, tenta di mettere in commedia – vagamente sofisticata – una specie di crime story, con le malefatte di un gruppetto di furfanti a far da sfondo a una crisi matrimoniale.

Quella tra Roberto e Marisa (Papaleo e Morante, abbastanza in parte, soprattutto quest’ultima), i quali cedono l’appartamento alla figlia Ursula (Tabasco), prossima alle nozze con Mario (Di Maria), guardia soggetta ad attacchi di panico, e vanno a vivere in una graziosa villetta alla periferia del capoluogo campano (la città qui non è al centro dell’attenzione ma resta un cliché, al pari delle minacce in dialetto mentre ci si rolla una sigaretta). Qui si ritrovano in casa dei brutti ceffi (il bravo Di Leva e il consueto Iuorio in testa) che depositano dei pacchi misteriosi (tali devono rimanere) nel loro salotto e se ne vanno, imponendo loro il silenzio.

La pratica illegale si chiama accuppatura; lo script – purtroppo “forato” come una delle scatole, che aumentano, diminuiscono, si spostano senza troppa logica – discende da esperienze tristemente reali e punta al pot pourri di generi. Da ricevere con simpatia, però non basta. Nel comunque valido cast, oltre al defilato avvocato Gallo, ricordiamo Gianni Ferreri, Tony Laudadio e Biagio Forestieri, più Giovanni Esposito, incolpevole lestofante “dormiente”.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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