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Recensione: Daddy’s Home

id., USA, 2015  di Sean Anders con Will Ferrell, Mark Wahlberg, Linda Cardellini, Thomas Haden Church, Bobby Cannavale, Owen Vaccaro, Scarlett Estevez, Hannibal Buress

DADDY'S HOME

Ogni tanto è il caso di occuparsi di qualche film “diseredato” dalla distribuzione e destinato a una circolazione relativa, soprattutto quando la qualità e perfino le potenzialità commerciali ci sono. Succede a Daddy’s Home, che ripropone l’improbabile accoppiata WahlbergFerrell, per converso perfettamente collaudata ne I poliziotti di riserva (2010, in Italia uscito direttamente per l’home video) dal regista Adam McKay, il quale, giunto con La grande scommessa al sesto film, “tradisce” per la prima volta Will e si limita qui al ruolo di produttore. Delega quindi Sean Anders, che val la pena di ricordare più per il bislacco Sex Movie in 4D (penalizzato dal titolo nostrano) che per il poco convincente derivato Come ammazzare il capo 2. L’intuizione di base è già buona: il padre assente di due bambini, un motociclista avventuriero, si ripresenta con il suo irresistibile fisico palestrato a usurpare la posizione di “uomo di casa” faticosamente guadagnata dal neo-marito dell’ex-compagna (la deliziosa Linda Cardellini di Scooby-Doo). Costui, diligente e composto impiegato radiofonico, una volta fiutato il pericolo impiega del tempo a comprendere la portata della “sfida” e le “armi” da adoperare, ma l’agitazione avrà la meglio su di lui. Caratteri opportunamente definiti danno vita a vari momenti scoppiettanti, tanto più che una trama meno ispirata avrebbe visto un genitore fragile a difendersi da un patrigno ben insediato (parti invertite, insomma). Spiritoso cameo finale del wrestler prestato al cinema John Cena.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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