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Recensione: Frozen II – Il segreto di Arendelle

Tornano le amatissime Elsa e Anna. Frozen II – Il segreto di Arendelle mantiene il clima (freddino), ma non si equipara. Forse non era possibile.

Frozen II, USA, 2019  di Chris Buck, Jennifer Lee. Animazione

Il successo mondiale di Frozen – Il regno di ghiaccio prometteva un seguito (diretto ancora da Jennifer Lee e Chris Buck) delle avventure della regina Elsa, capace di manipolare magicamente il ghiaccio, e della sorella, la principessa Anna. Insieme al fidanzato di quest’ultima, il rassicurante Kristoff, al pupazzo di neve fatato Olaf e alla renna Sven (in definitiva, personaggio più simpatico del precedente, cui pure spetta la funzione ufficiale di jolly), le giovani sovrane di Arendelle partono alla scoperta delle loro origini e dei poteri della maggiore, guidate da una voce misteriosa e ostacolate dagli elementi, accolte dalla dimenticata e isolata tribù dei Northuldra e impegnate a ripristinare equilibri ecologici compromessi da un antico inganno.

Il rispetto della natura e dei popoli, la vacuità delle guerre sono temi già proposti (con maggior forza) dal recente Maleficent – Signora del male (stessa scuderia). Il numero delle canzoni (veicoli narrativi, come tradizione vuole) eccede, analogamente al primo capitolo (che però, per essere chiari, resta superiore).

La spettacolarità di alcune scene (su tutte, la traversata del mare di Elsa), la rielaborazione di situazioni domestiche (vedi il gioco dei mimi), i facili espedienti (il “geco” focoso ma tenero) potrebbero anche compensare le perplessità; senonché a peggiorare il quadro sono degli snodi forzati (la progressione della ricerca, l’intervento risolutivo dei giganti…). Insomma, una crisi di idee alla Cars, comunque insufficiente a intaccare un gradimento generale.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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