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Recensione: I babysitter

Italia, 2016  di Giovanni Bognetti con Francesco Mandelli, Paolo Ruffini, Andrea Pisani, Davide Pinter, Simona Tabasco, Diego Abatantuono, Francesca Cavallin, Luca Peracino

i_babysitter_1Sarà anche il “socio” di Biggio, ma è già il quarto film che Mandelli gira al fianco di Ruffini. Anzi, quest’ultimo dal “suo” Colorado (che poi è un marchio più associabile al navigato Abatantuono, che infatti non manca mai come comprimario in tali commediole) continua a portarsi i PanPers (Pisani & Peracino), ed è lui che ha pensato di rifare la commedia francese Babysitting, successone in patria (ne esiste pure un seguito), a sua volta mutuata da commedie come Una notte da leoni e Project X (molte le scene girate in soggettiva). Così, acquistati i diritti e chiamato l’amico Bognetti (co-sceneggiatore dei due titoli diretti dall’attore livornese) a esordire dietro la macchina da presa, il team non ha fatto altro che riproporre il plot dell’originale, spostando giusto qualche dettaglio per “italianizzare” il tutto. Trama: impiegato appartato accetta, nel giorno del suo trentesimo compleanno, di accudire il subdolo figlioletto del tronfio principale mentre costui si allontana con la moglie per circa ventiquattr’ore; alla porta della splendida magione si presentano i compari di sempre, intenzionati a far bisboccia. Sarà un disastro, come scopriremo insieme agli sconvolti padroni di casa e alla polizia durante la visione delle riprese effettuate durante la serata (mentre non si sa che fine han fatto bambino e affidatario). L’idea della ricostruzione resta intrigante, ma l’aritmia è aumentata. Nel cast lo “scoppiato” Alberto Farina, un temerario Francesco Facchinetti, il simpatico Antonio Catania e il ritrovato Bruno Gambarotta.

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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