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Recensione: Il cacciatore e la regina di ghiaccio

The Huntsman: Winter’s War, USA, 2016  di Cedric Nicolas-Troyer con Chris Hemsworth, Charlize Theron, Emily Blunt, Jessica Chastain, Nick Frost, Rob Brydon, Sheridan Smith, Alexandra Roach

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L’esordio dietro la macchina da presa di Nicolas-Troyer, regista della seconda unità e supervisore degli effetti speciali di Biancaneve e il cacciatore (2012), è un curioso incrocio tra un prequel e un sequel di quest’ultimo. La trama prende le mosse dal rapporto fratturato (ma non abbastanza) tra la perfida regina Ravenna (la comunque incantevole e divertita Theron) e sua sorella Freya (una professionale Blunt), allontanatasi dal regno a causa di un grande dolore che ha rivelato i suoi “agghiaccianti” poteri (i punti di contatto con Frozen sono abbastanza impressionanti); altrove, ella fa rapire ed educa al combattimento frotte di bambini che vanno a formare il suo devoto esercito personale, i cui elementi sono vincolati all’obbligo di non innamorarsi mai. Trasgrediscono alla ferrea regola proprio i più abili guerrieri della giovane truppa, Eric e Sara (il carismatico Hemsworth e la grintosa Chastain), i quali perciò vanno incontro a una spietata punizione. La storia riprende sette anni più tardi, ovvero dopo la rielaborata vicenda di Biancaneve narrata dal primo film, e prevede il recupero del pericoloso specchio magico nonché ricongiungimenti, rivelazioni, temibili rientri… Al di là dell’idea “trans-narrativa”, si registrano dei trucchi digitali non esaltanti e l’assoluta prevedibilità di ogni risvolto. Certo, l’apporto del prestigioso cast (ritornano pure il “nano” Nick Frost e il principe Sam Claflin) non lascia indifferenti. Tuttavia di recente il cinema ci ha regalato fiabe in live action decisamente più incisive.

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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