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Recensione: Io prima di te

Me Before You, GB/USA, 2016  di Thea Sharrock con Emilia Clarke, Sam Claflin, Janet McTeer, Charles Dance, Jenna Coleman, Vanessa Kirby, Stephen Peacocke, Brendan Coyle

io_prima_di_te_1Dopo l’exploit degli adattamenti dei romanzi di John Green (Colpa delle stelle, Città di carta), indirettamente utili a Cecelia Ahern (#ScrivimiAncora) e al “risorto” Nicholas Sparks (La risposta è nelle stelle), tocca al best seller di Jojo Moyes trasformarsi in film. Con una sostanziale differenza: a “tradurre” il testo è la stessa scrittrice, che sceneggia da sola (preservando, si suppone, lo spirito del libro). La trama, in linea con il trend testé individuato, è romantica ma, al pari di altri titoli, affronta anche il gravoso tema della malattia. Nella fattispecie, il co-protagonista Will Traynor (un quieto Claflin) è il rampollo rampante di una ricca famiglia, purtroppo tetraplegico a causa di un tremendo incidente. I suoi genitori (bella scelta l’accoppiata McTeer/Dance), oltre a garantirgli i servizi del solerte fisioterapista Nathan (Peacocke), cercano per lui una specie di dama di compagnia che possa assisterlo intellettualmente. La trovano nell’ottimista e inesauribile Lou Clark (la Clarke di Terminator Genisys, ormai lanciatissima da Il trono di spade, qui eccessivamente concentrata su una mimica facciale che più che connotare il personaggio lo snatura, rendendolo addirittura grottesco), la quale grazie a lui si evolve, cimentandosi perfino nel difficile compito di farlo riaffezionare alla vita. Infatti il giovanotto ha già preso contatti con una clinica svizzera… Si va dunque in una direzione problematica che eleva il plot. Altrimenti da segnalare in questo primo lungometraggio della Sharrock ci sarebbe pochino…

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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