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Recensione: L’estate addosso

Italia/USA, 2016  di Gabriele Muccino con Brando Pacitto, Matilda Lutz, Taylor Frey, Joseph Haro, Guglielmo Poggi, Ludovico Tersigni, Jessica Rothe, Scott Bakula

lestate_addosso_1Forse la recente uscita di Un bacio – incentrato sul rapporto simbiotico fra tre adolescenti emarginati – nuoce alla freschezza della nuova fatica (semi)americana di Muccino, e nemmeno si può parlare a prescindere di assoluta originalità, anche nei modi narrativi tipici del cineasta romano. Però è indubitabile che questo “passo a quattro” sentimentale costituisce un netto progresso rispetto ai pallidi risultati ottenuti dai precedenti lavori realizzati oltreoceano dal regista (Quello che so sull’amore e Padri e figlie). Marco e Maria (gli ascendenti Pacitto e Lutz), appena diplomati, sono caratterialmente incompatibili (l’uno desideroso di conoscere, l’altra ufficialmente bigotta); ciononostante, il caso vuole che partano insieme alla volta di San Francisco, dove, grazie all’interessamento di un comune compagno di scuola, saranno ospitati (in teoria per pochi giorni) da Matt e Paul (Frey e Haro), apparentemente serena coppia gay. Uno degli aspetti che il film si affretta a chiarire – attraverso un lungo flashback che potrebbe sembrare dispersivo – riguarda appunto la genesi della loro tranquillità, una reale conquista frutto di dolorose lotte: un esempio indiretto per i giovani neo-amici. I quali nel frattempo entrano in totale sintonia con i padroni di casa; il viaggio finale a Cuba sarà catartico per tutti. Ci sono sbavature (un braccio guarito subito, il tratteggio dell’inaffidabilità della ragazza) in quest’opera giustamente bilingue (benché ci siano dialoghi doppiati malamente) musicata da Jovanotti. Ma a molti piacerà.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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