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Recensione: Momenti di trascurabile felicità

Nuovo film con – e non di – Pif. Momenti di trascurabile felicità, al netto di qualche approssimazione, ha Palermo sullo sfondo e il grande Carpentieri dentro.

Italia, 2019  di Daniele Luchetti con Pif, Thony, Renato Carpentieri, Angelica Alleruzzo, Francesco Giammanco, Vincenzo Ferrera, Franz Cantalupo, Manfredi Pannizzo

Tratta da due libri “contrapposti” di Francesco Piccolo, del quale, essendo pure il co-sceneggiatore (con il regista Luchetti, reduce dal parzialmente zoppicante Io sono Tempesta), “si sente” la scrittura irta di osservazioni semiserie, questa riflessiva commedia con Pif, nella finzione coniugato con Thony (cantante che, per inciso, da attrice continua a maturare), abborda con leggerezza ma senza troppi sconti il tema della morte, che poi nelle fonti era praticamente assente.

I problemi, in sintesi: qualche somiglianza evitabile (il burocratico aldilà palermitano ricorda quello di Ore diciotto in punto) e  un inspiegabile paradosso temporale che nell’ultimo atto sciupa il gradevole equilibrio narrativo (in tal senso citare Ritorno al futuro è solo un’aggravante). Per il resto, nella vicenda di Paolo, uomo comune vittima della strada a causa di una sua incosciente abitudine di guida che, grazie a un’ulteriore consuetudine – stavolta da salutista – ottiene di “resuscitare” per appena un’ora e 32 minuti (peraltro la durata del film, che però non cede alla tentazione del racconto in tempo reale) per stare con moglie e figli, funziona più o meno tutto, dai bilanci conditi da oculati, talora ingannevoli flashback all’invito all’autoindulgenza (cercando comunque di non esagerare con gli errori, adulteri compresi).

Il finale respira (davvero), il “funzionario” Carpentieri è perfetto (da par suo) e alcune idee di messinscena (la “discesa” all’altro mondo dal luogo dell’incidente, il nome del gioco da tavolo) reggono bene.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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