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Ninna nanna, il film che esplora il delicato tema della depressione post partum

Un tema di grande attualità nel nuovo film dei registi Russo e Germani, prodotto da Tonino Abballe. Francesca Inaudi interpreta una madre alle prese con la depressione post partum. Ecco la recensione di “Ninna nanna”

Italia, 2017  di Dario Germani, Enzo Russo con Francesca Inaudi, Fabrizio Ferracane, Manuela Ventura, Nino Frassica, Guia Jelo, Salvatore Misticone, Massimiliano Buzzanca, Luca Lionello

ninna nannaA stretto giro parliamo di nuovo di Tonino Abballe (qui solo produttore e presente in un veloce cameo), il quale, evocando aleatoriamente ancora sue vicende personali (un fil rouge con il recentissimo Girotondo indubbiamente c’è), delega alla regia i fidi Russo e Germani e affronta di petto un tema difficile come quello della depressione post partum.

Un problema tanto più complesso in quanto percepito come inaccettabile dalla gente. Soprattutto in Sicilia, a Gibellina (il film rende giustizia con discrezione alla sua bellezza), dove vive Anita (una Inaudi davvero brava), enologa esperta che al termine di una gravidanza serena, con la sua bimba in grembo, si ritrova stanca, spazientita dai pianti della piccola, “depredata” da lei di ogni altrui attenzione – tranne quelle del dolce (non per nulla pasticciere) marito Salvo (Ferracane) –  e  preoccupata dalla perdita di gusto, vanto del suo mestiere.

La rabbia che cova la conduce ad agghiaccianti comportamenti inconsci, dai quali forse si ridesterà in tempo, scavando nei propri traumi psicologici.

La trama si smarca così parzialmente (ma non inadeguatamente né vigliaccamente) dal tema principale, ma il percorso non è troppo tortuoso, anzi invita al dibattito (pratica a rischio di estinzione).

Frassica nel ruolo del bizzarro zio, che porge il non avulso sottotesto sull’immigrazione, riesce al contempo a duettare con il barbiere Misticone e a trovare qualche corda più seria. A Maria Rosaria Omaggio bastano due inquadrature per lasciare un segno. Comparsata pure per Salvo Piparo.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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