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Recensione: Poveri ma ricchissimi

Tornano i Tucci, che in Poveri ma ricchissimi ottengono l’indipendenza del loro paesino per motivi fiscali. Tono satirico mantenuto, lo script è più compatto.

Italia, 2017  di Fausto Brizzi con Christian De Sica, Enrico Brignano, Lucia Ocone, Anna Mazzamauro, Lodovica Comello, Paolo Rossi, Federica Lucaferri, Giulio Bartolomei

Per valutare il sequel del fortunato ma trasandato Poveri ma ricchi, derivante dalla commedia francese Les Tuche, bisogna prescindere dalla brutta vicenda che coinvolge il non accreditato Brizzi.

Il suo script, redatto con Marco Martani e Luca Vecchi (e rivisto dai Guaglione & Resinaro di Mine!) e il montaggio stavolta non contengono errori grossolani e continuano a descrivere satiricamente l’Italia attraverso l’immaginario comune di Torresecca, dove vive la famiglia cafona vincitrice di 100 milioni al Superenalotto. Tendenti a scialacquare dissennatamente i loto averi, i Tucci – i coniugi Danilo e Loredana (sempre De Sica e l’ottima Ocone), lo zio botanico Marcello (Brignano) da poco coniugato (con Comello), la nonna (sottoutilizzata la Mazzamauro) e la figlia Lucaferri – sono ora “irreggimentati” dal saggio rampollo minore (Bartolomei) e dal maggiordomo (Ubaldo Pantani), che li tengono all’oscuro dell’effettivo ammontare del loro conto in banca.

Quando il segreto cade, un rinnovato delirio di onnipotenza li porta a proclamare – previo referendum – l’indipendenza del loro paesino per non pagare le tasse. Seguono leggi dedicate, bandiera, moneta, con omaggi all’arte di arrangiarsi, sberleffi a Trump e parodie di Cinquanta sfumature…, Maleficent, Cenerentola.

In questa sorta di cartoon – per l’appunto – tornano brevemente Giobbe Covatta e Pablo (qui ricongiuntosi con Pedro); si sommano la blogger Tess Masazza, Dario Cassini (che fa il primo ministro), Massimo Ciavarro. Il neo-suocero Paolo Rossi parte in quarta e si perde.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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