Home / CULTURA / CINEMA / Recensione: Rémi

Recensione: Rémi

Riduzione più che dignitosa del romanzo di Hector Malot, Rémi stravolge qualcosa nell’immaginario collettivo. Ma funziona.

Rémi sans famille, Francia, 2018  di Antoine Blossier con Maleaume Paquin, Daniel Auteuil, Virginie Ledoyen, Albane Masson, Ludivine Sagnier, Jonathan Zaccaï, Jacques Perrin, Nicholas Rowe

Caro Rémi, quante lacrime hai fatto versare alla nostra generazione! Nella versione animata nipponica a puntate – discendente, come quest’adattamento (certo non il primo), dal romanzo Senza famiglia di Hector Malot – giunta da noi a fine anni ’70 le tue tribolazioni di orfanello in cerca delle proprie origini, affidato (per soldi) al maturo artista di strada d’origine italiana – che ti inizia alla musica – Vitalis (manteniamo la grafia francese), severo ma protettivo, con un passato doloroso alle spalle, circondato da cani e dalla scimmietta in divisa Joli Cœur, segnarono un’epoca (con quelle di Heidi e Candy Candy).

Tramite una semplificazione necessaria, che salta vari passaggi (dal soggiorno presso gli agricoltori Acquin all’incontro con Mattia) e si prende alcune libertà narrativo-iconografiche rispetto alle fonti (per esempio, il “maestro”, che ha il volto del professionale Auteuil, è un ex-violinista e non un tenore; Capi, “annerito”, è l’unico quadrupede della compagnia…), il regista-sceneggiatore Blossier aggiorna il plot e, grazie all’incarnazione del piccolo e straordinariamente idoneo Maleaume Paquin, lo porge teneramente alle nuove generazioni, senza eccedere sul versante lacrimevole (che pure c’è), racchiudendolo in una sensata cornice che vede l’invecchiato protagonista (lo interpreta Perrin) ricostruire le sue vicissitudini dinanzi a un’insonne e affine “platea” infantile.

I “genitori” Sagnier e Zaccaï, l’accogliente Ledoyen e il perfido Rowe (chi lo ricorda in Piramide di paura?) nobilitano il resto.

 

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*