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Recensione: Tartarughe Ninja – Fuori dall’ombra

Teenage Mutant Ninja Turtles: Out of the Shadows, USA/Hong Kong/Cina/Canada, 2016  di Dave Green con Megan Fox, Will Arnett, Stephen Amell, Tyler Perry, Brian Tee, Sheamus, Gary Anthony Williams

Left to right: Stephen Amell as Casey Jones and Megan Fox as April O'Neil in Teenage Mutant Ninja Turtles: Out of the Shadows from Paramount Pictures, Nickelodeon Movies and Platinum Dunes Productions

Strane le analogie tra questo secondo episodio (alla regia ora c’è l’ignoto Green) del reboot cinematografico sulle amate/odiate tartarugone (dopo la trilogia con i “pupazzoni” e il cupo cartoon digitale) e Cattivi vicini 2: l’originale uscì da noi nel 2014, all’inizio della scorsa stagione, mentre il sequel arriva a pochissima distanza alla fine di questa. E si tratta in entrambi i casi di popcorn movies, sebbene destinati a due fasce diverse di adolescenza. Anzi no, in effetti questi buffi combattenti forse piacciono ancora a coloro che erano ragazzi negli anni ’90… Interpretati sempre – grazie alla motion capture – da Pete Ploszek, Jeremy Howard, Noel Fisher e Alan Ritchson, i caratterizzati rettili con guscio Leonardo, Donatello, Michelangelo e Raffaello sono costretti, a causa del loro aspetto “mostruoso”, a rimanere nascosti (come annuncia già il sottotitolo del film) e ad agire di notte, delegando i meriti delle loro imprese anticrimine (per esempio al vanitoso cameraman Vernon, alias Will Arnett). È un tema consunto eppure interessante nel contesto, dove per il resto si tratta di sventare l’ennesima minaccia (addirittura aliena!) in cui è coinvolto il cattivaccio Shredder (sostituito da Brian Tee) e i suoi nuovi – ma non per gli aficionados della serie tv – scagnozzi mutanti Bebop e Rocksteady (Gary Anthony Williams e Sheamus). La splendida Fox e le new entries Amell e Perry (sopravvalutato showman americano) non aggiungono nulla all’azione incessante, reboante, talvolta frastornante (esaltata dal 3D).

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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