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Recensione: Tini – La nuova vita di Violetta

Tini: El gran cambio de Violetta, Argentina/Spagna/Italia, 2016  di Juan Pablo Buscarini con Martina Stoessel, Jorge Blanco, Adrián Salzedo, Ángela Molina, Mercedes Lambre, Diego Ramos, Georgina Amorós, Francisco Viciana

tini_la_nuova_vita_di_violetta_1Diva di Disney Channel grazie alla sua popolarissima serie, Violetta, alias Martina Stoessel, sbarca ora al cinema con un vero film. Beh, “vero”… È un’appendice dell’amata (dalle preadolescenti) telenovela musicale, che ripropone personaggi già noti alle aficionadas e ne introduce di nuovi, quasi tutti abitanti in un’isoletta siciliana da cartolina sbiadita. Le autoreferenziali premesse somigliano assai a quelle di Hannah Montana – The Movie (preoccupante, se si pensa all’evoluzione di Miley Cyrus, e prima di lei dell’altra collega di scuderia Lindsay Lohan): giovane cantante di successo cerca la svolta – anche identitaria e sentimentale – che la traghetti verso la maturità, non solo artistica. Nel qual caso, la protagonista, stressata da ritmi di lavoro esagerati (tra composizioni e tournée) e dal possibile tradimento del boyfriend León (Blanco), accusa il bisogno di una vacanza. Perciò si reca in Italia dalla saggia amica paterna Isabella (una Molina che fa sfigurare il resto del cast), nella speranza di rasserenarsi e magari ritrovare la vena smarrita. In effetti conosce un gruppo di coetanei dai vari talenti (praticamente a sua disposizione, soprattutto in occasione del festival locale) e pure l’aitante Caio (Salzedo), che incoraggerà nella sua passione per il ballo, per poi scoprire perfino qualcosa sul proprio passato. Equivoci telefonati, messinscena sciatta (malgrado i lustrini per abbellirla) e definizione inesistente dei personaggi completano un quadro già desolato, eppur sufficiente a interessare le fans.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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