Home / CULTURA / CINEMA / Recensione: Il regno di Wuba

Recensione: Il regno di Wuba

Monster Hunt, Cina/Hong Kong, 2015  di Raman Hui con Bai Baihe, Jing Boran, Jiang Wu, Sandra Kwan Yuen Ng, Eric Tsang, Tang Wei, Elaine Jin, Wallace Chung

CREATOR: gd-jpeg v1.0 (using IJG JPEG v80), quality = 91

Se rispetto a una volta i cartoons e le produzioni per l’infanzia in genere si sono moltiplicati, arrivando ormai alla media di quasi un’uscita a settimana, non significa che si debba trattare obbligatoriamente di film zuccherosi e simili l’uno all’altro (e neppure edificanti, vedi il recentissimo esempio scorrettamente spassoso dello spagnolo Mortadello e Polpetta contro Jimmy lo Sguercio). Sicché l’idea di distribuire un’opera cinese (successone in patria) meno omologata (sebbene un po’ lunga), intrisa di umorismo orientale, garbata, realizzata con tecnica mista (è in parte recitata e in parte animata), non può che essere accolta favorevolmente, a riprova del fatto che il divertimento per i più piccini, pur poggiando saldamente a tutte le latitudini su situazioni comiche, ha bisogno di varianti e contaminazioni. Nella fattispecie, il regista Raman Hui (che co-diresse Shrek Terzo, giusto per ribadire l’anima “anarchica” del progetto) inserisce godibili (nonché buffi) scontri in stile wuxiapian e una cospicua varietà di personaggi (troppi?) su uno sfondo suggestivamente leggendario più che storico, un’epoca antica in cui gli umani hanno emarginato i mostri quadrumani, i quali sono purtroppo ulteriormente provati da lotte intestine. I ruoli centrali – cioè di coloro che devono proteggere l’erede in fasce del re spodestato delle fantasiose creature – sono affidati a un bizzarro capovillaggio zoppo (il valido Jing Boran) e a una grintosa cacciatrice (Bai Baihe, che, come il resto del cast femminile, unisce avvenenza e bravura).

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*