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Recensione: Loro chi?

Italia, 2015  di Francesco Miccichè, Fabio Bonifacci con Edoardo Leo, Marco Giallini, Catrinel Marlon, Lisa Bor, Antonio Catania, Ivano Marescotti, Maurizio Casagrande, Patrizia Loreti

loro_chi_1Partiamo da un paio di dati di fatto: l’indubbia simpatia – e sostanziale umiltà – di Edoardo Leo, attore (e regista) che ha conquistato rapidamente riconoscibilità grazie a commedie gustose e dotate di una certa attenzione nel tratteggio dei personaggi e nel garbato sviluppo di eventi non necessariamente imprevedibili; e l’acquisito professionismo di Marco Giallini, che con la maturità ha dimostrato, anche grazie ai lavori per la tv, di possedere importanti sfumature, abbastanza insospettabili all’epoca in cui gli venivano proposti solo ruoli da “coatto”. Se aggiungiamo che Loro chi?, storia di un precario truffato che insegue il truffatore, tentando prima di recuperare il maltolto, in seguito insistendo per entrare nel suo giro, sancisce l’esordio nel lungometraggio di Francesco Miccichè, figlio del critico Lino e forte di una solida esperienza da regista per il piccolo schermo, e di Fabio Bonifacci, quotato sceneggiatore di alcuni riusciti film di Pellegrini, Manfredonia e Lucini, si capisce meglio quanto alte fossero le aspettative. Il risultato – impreziosito dall’apporto di validi caratteristi – c’è, per quanto strizzi troppo l’occhio a molti famosi con movies americani (anzi, non facciamo titoli per non instradare i potenziali spettatori su un finale comunque interpretabile post visionem da una delle due locandine diffuse). L’unico intoppo riguarda il ritmo: ci sono degli intermezzi farseschi che, quando non suscitano il riso (pur sempre un meccanismo soggettivo), rallentano o addirittura appesantiscono la narrazione.

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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