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Recensione: Masterminds – I geni della truffa

Masterminds, USA, 2016  di Jared Hess con Zach Galifianakis, Kristen Wiig, Owen Wilson, Jason Sudeikis, Kate McKinnon, Mary Elizabeth Ellis, Leslie Jones, Ken Marino

masterminds_i_geni_della_truffa_1Se esiste un attore emerso negli ultimi anni capace di esibire un sovrano sprezzo del ridicolo, quello è senz’altro Zach Galifianakis. Votato ai ruoli di completo idiota (la trilogia di Una notte da leoni, Parto col folle, Candidato a sorpresa), con rarissime ma notevoli incursioni nel cinema più “serio” (Tra le nuvole, Birdman), l’irsuto mattatore ama in particolare i camuffamenti e la rappresentazione dell’irrazionalità. Requisiti rispettati pure in quest’assurda commedia dell’esperto Jared Hess (Napoleon Dynamite, Super Nacho), clamorosamente discendente da una vicenda accaduta e bloccata per oltre un anno da – probabilmente compromettenti – vicissitudini produttive (oltre alla comprimaria buffamente sexy Kristen Wiig, partecipano Kate McKinnon e Leslie Jones: in pratica, sono le prove generali del recente Ghostbusters!). A pensarci bene, l’intero cast (completato da un ordinariamente furfantesco Wilson e dal suo ex-partner di Libera uscita, lo spassoso Sudeikis) è al servizio del protagonista, portavalori promesso sposo ma innamorato di un’ex-collega la quale, convinta da un losco conoscente, lo spinge a commettere una mega-rapina e a riparare goffamente in Messico, dove tra l’altro sarà incalzato da un bounty killer inviato dall’organizzatore del colpo per chiudergli la bocca. Battute e risvolti (chi indaga o bracca indovina troppo facilmente determinati particolari) denotano delle distrazioni di sceneggiatura nella seconda parte (la prima invece scorre piacevolmente). Improprio il sottotitolo italiano.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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