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Recensione: Miami Beach

Italia, 2016  di Carlo Vanzina con Paola Minaccioni, Max Tortora, Ricky Memphis, Neva Leoni, Filippo Laganà, Camilla Tedeschi, Giampaolo Morelli, Emanuele Propizio

miami_beach_1Dopo i discreti risultati – perfino qualitativi – ottenuti al principio della scorsa estate con il derivativo Torno indietro e cambio vita, Carlo ed Enrico Vanzina (da sempre l’uno ufficialmente regista ed entrambi sceneggiatori) ci riprovano con questa rivisitazione dei college movies a stelle e strisce, non scordandosi delle loro commedie transoceaniche (Vacanze in America, Sognando la California, Mai Stati Uniti). Senza impennate particolari e con un tasso di volgarità abbastanza controllato, ci raccontano le disavventure di Luca (Filippo Laganà) e Valentina (Camilla Tedeschi), studenti universitari accompagnati a Miami dal padre di lui, Giovanni (Max Tortora), venditore di scarpe romano, e dalla madre di lei, Olivia (Paola Minaccioni, una spanna sopra gli altri), divorziata milanese benestante; mentre tra i ragazzi affiora un’affinità sentimentale, tra i rispettivi genitori è un attrito (anche di classe) continuo. Contemporaneamente, l’allarmato Lorenzo (il sempre simpatico Ricky Memphis) ricorre ai servigi interessati dello sfaccendato Bobo (Emanuele Propizio) per rintracciare la figlia Giulia (Neva Leoni, gradevole sorpresa all’interno del cast), sottrattasi a un noioso viaggio in Bretagna con lui per assistere con le amiche a un concerto in Florida, dove peraltro ha conosciuto il più maturo Filippo (Giampaolo Morelli), agente immobiliare piacione. Vicende innocue, dotate di qualche baluginio (vedi i ragionamenti seduttivi del compagno di stanza di Luca), che non fanno sbellicare dalle risa ma possono intrattenere.

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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