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Recensione: Now You See Me 2

id., USA, 2016  di Jon M. Chu con Jesse Eisenberg, Mark Ruffalo, Woody Harrelson, Morgan Freeman, Dave Franco, Lizzy Caplan, Daniel Radcliffe, Michael Caine

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Formeranno una trilogia – è praticamente certo – le gesta del gruppo di illusionisti (diversamente specializzati) che, attraverso la propria ingannevole arte, mette a segno furti “popolari” (il maltolto è distribuito agli spettatori, poiché l’obiettivo è colpire i potenti). Sulla sedia da regista stavolta troviamo John M. Chu, in curriculum un paio di Step Up e il seguito G.I. Joe – La vendetta, che sostituisce Louis Leterrier (il quale continua a figurare in produzione, dove ora c’è pure il mago David Copperfield). Le altre novità riguardano l’avvicendamento di Lizzy Caplan in versione sexy e ciarliera al posto di Isla Fisher (che era in gravidanza), Daniel Radcliffe in coraggiosa veste di “vice-villain”, Jay Chou (The Green Hornet) in un ruolo elegantemente defilato e l’affascinante Sanaa Lathan (Out of Time) nei panni del rigido superiore del poliziotto Ruffalo. Il quale mantiene ancora la funzione del capo segreto dei prestigiatori protagonisti (compreso il “finto defunto” Franco), datisi alla macchia e scalpitanti in attesa di istruzioni, soprattutto il leader in pectore Eisenberg. Quando arriva l’ordine di trafugare un prezioso microchip (l’articolata scena della perquisizione è la migliore del film), la trappola è dietro l’angolo, e fra gli avversari spunta anche il gemello dell’ipnotista Harrelson, altrettanto abile. I “grandi vecchi” Freeman e Caine continuano a nobilitare l’insieme, crogiolato più di prima nell’autocompiacimento (troppi gli ingiustificati trucchi cinematografici, a scapito di quelli artigianali).

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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