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Recensione: Sicario

id., USA, 2015 di Denis Villeneuve con Emily Blunt, Josh Brolin, Benicio Del Toro, Daniel Kaluuya, Victor Garber, Jon Bernthal, Maximiliano Hernández, Jeffrey Donovan

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Il canadese Denis Villeneuve è ormai da considerare – quanto e più del conterraneo Jean-Marc Vallée – una delle firme migliori del cinema contemporaneo. Dopo averci scioccato con La donna che canta, ha girato il suo primo film anglofono nel 2013, il non meno coriaceo Prisoners, assicurandosi il versatile Jake Gyllenhaaal anche per il coevo Enemy, purtroppo rimasto inedito per gli schermi italiani. Adesso il regista, senza rinunciare a qualche dettame del thriller moderno con tanto di azione e sparatorie, assesta un altro ottimo colpo (il suo migliore finora? Francamente difficile decidere…) e ci porta sul confine messicano insieme all’affidabile agente dell’FBI Kate Macer (una bravissima Emily Blunt), reduce da un disastroso assalto finito male e, malgrado la solida preparazione, del tutto spaesata in seguito al suo reclutamento all’interno di un enigmatico corpo speciale votato a contrastare duramente il traffico di droga. Almeno, questo sembra lo scopo, poiché nessuno le spiega con esattezza a cosa sta partecipando, né il diretto e indisponente superiore Matt (Josh Brolin) né tantomeno il roccioso e ambiguo capo Alejandro (Del Toro al suo apice). Tutto assumerà pian piano una sinistra forma, perfino il ruolo del poliziotto padre di famiglia che seguiamo fin dall’inizio, necessario a esaltare il senso di un quadro sociale già piuttosto desolante. Sceneggiatura (di Taylor Sheridan) precisa e senza scorciatoie. Immagini coinvolgenti (la fotografia è di Roger Deakins) commentate minacciosamente dalle note di Jóhan Jóhansson.

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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