Alcuni consigli d’arte utili a trascorre qualche ora di leggerezza, serenità, belle emozioni e buonumore. Medicina indispensabile dell’anima, in questi nostri tristi giorni d’isolamento nell’assedio della pandemia. Oggi vi segnaliamo la mostra online Gatti nella storia dell’arte, fruibile gratuitamente.
“I pascià amano le tigri. Io amo i gatti. I gatti sono le tigri dei poveri diavoli. All’infuori dei gatti io non amo nient’altro.” Così scriveva il letterato e critico coreutico francese Théophile Gautier. Un aforisma molto efficace per descrivere un amore, quello per i fascinosi, teneri e misteriosi piccoli felini. Abbiamo visitato per voi la mostra online Gatti nella storia dell’arte, una tenera esposizione virtuale dei felini di secolo in secolo ritratti dai più noti artisti.
Gatti spesso inconsapevoli protagonisti dei tempi
Basti pensare che nell’antico Egitto, in quell’epoca mastodontica ed incredibile di faraoni e piramidi, erano considerati divinità. Una storia, quella dei flessuosi felini dallo sguardo colorato e luminoso, in grado di pervadere anche la storia dell’arte.
Proprio ai gatti è dedicato il progetto espositivo “nativo digitale” dal titolo I gatti nella storia dell’arte. Da un idea del parigino Universal Museum of Art (UMA), in collaborazione con la Réunion des Musées Nationaux-Grand Palais.
In un compendio di ben 75 opere è possibile lasciarsi rapire da un incredibile caleidoscopio di razze, forme e caratteri felini, pronti a mettersi in luce dentro alcune tra le più rinomate creazioni d’arte di celeberrimi artisti. Il tutto raccolto in saloni virtuali dal signorile arredamento del 18° secolo. Ad accogliervi ad inizio visita, il micio magro e nero, dallo sguardo e la coda interrogativa, figurante improvviso ed inaspettato della illustre quanto scandalosa – nella sua sublime tonica nudità – Olympia di Edouard Manet.
Immancabile il gatto seduto in alabastro scuro, reperto del basso regno d’Egitto.
Ovvero Bastet, figlia del dio del Sole Râ e Dea del piacere, della maternità e della musica. Tanto benevolente quanto terribile se in collera.
Immancabile così come l’arcinoto manifesto, firmato da Théophile Alexandre Steinlen, de Le Chat Noir famoso Cabaret di proprietà di Rodolphe Salis. Il locale con il suo micio in affiche, (assiso, il pelo nero arruffato, gli artigli in bella mostra, lo sguardo scaltro, l’aria sfacciata e l’allure esoterica) pare avesse preso quel nome a seguito dell’affezione, enorme, del Salis nei confronti di un gattone errabondo, nella Montmartre bohémienne di fine ‘800.
Procedendo nella mostra Gatti nella storia dell’arte potrete imbattervi nella delicata effusione Tra Miss Sarah (detta Sarita) ed il suo gatto nero (chiamato Sita).
Sia la giovane, nel suo candido abito di mussola bianco e indaco, che il gatto dal manto nero in equilibrio sulla sua spalla, hanno uno sguardo acuto, curioso ed intelligente. Questa d’altronde la cifra pittorica dell’artista artefice, l’impressionista americana Cecilia Beaux.
Ancora effusioni, ma sta volta ben più languide ed al maschile, quelle da ammirare nella tela dal titolo Il ragazzo ed il suo gatto di Auguste Renoir.
Il giovinetto, poco più che adolescente, mostra le spalle e le natiche al pittore, lo guarda però con aria sensibile solo di profilo, mentre con le braccia esili abbraccia il suo paffuto micio tigrato dallo sguardo beato.
E poi ancora, vi troverete dinnanzi al gigantesco dipinto, a firma di Paolo Caliari detto il Veronese, narrante l’episodio miracoloso della vita del Cristo durante le Nozze di Cana. L’immane opera rinascimentale ritrae più di 123 personaggi ed un bel gattone bianco e grigio, acciambellato ed intento a grattare le sue unghiette su un’anfora d’argento. Certo l’opera è grandiosa e caotica, e non a caso è collocata nella sezione del museo intitolata “Dov’è il gatto?”. Con gli altri dipinti, ad esso affiancati, una ludica sfida per tutta la famiglia.
Colmi del loro innocente entusiasmo, brioso e monello i Gatti in un comò del pittore francese, specialista del ritratto animalière, Jules Le Roy. È immortalata una scena di gioco, tra cassetti sventrati, indumenti scompigliati e un vaso rotto, di quattro cuccioli dal pelo lungo. Sotto lo sguardo attonito di mamma gatta, tramite autentico della piccola famigliola col mondo umano.
Non solo pittura occidentale, nella mostra Gatti nella storia dell’arte troviamo anche manufatti d’estremo oriente.
Ne è un esempio il gatto bianco dallo sguardo fisso, come in meditazione, sul tramonto rosa che sfuma sopra il monte Fuji. L’opera è una stampa nishike-e dell’artista giapponese Utagawa Hiroshige. È noto che in Giappone il gatto simboleggi opportunità e buona fortuna. Non stupisce dunque di trovarlo, nella composizione, accovacciato sul davanzale di un santuario e avvolto da un aura calma e contemplativa.