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Recensione: Quel bravo ragazzo

Italia, 2016  di Enrico Lando con Herbert Ballerina, Tony Sperandeo, Enrico Lo Verso, Daniela Virgilio, Ninni Bruschetta, Mario Pupella, Giampaolo Morelli, Maccio Capatonda

quel_bravo_ragazzo_1Tra il destabilizzante Italiano medio e il prossimo – fuorviante? – Omicidio all’italiana (oltre a tanta tv e web), Maccio Capatonda ed Herbert Ballerina (al secolo Marcello Macchia e Luigi Luciano) trovano il tempo per il debutto da protagonista del secondo (sponsorizzato da molte idee – perlopiù promozionali – del primo, qui in tonaca). Questo suo nuovo personaggio mantiene la consolidata aria svagata: ultratrentenne sempliciotto cresciuto da orfano in un paesino, è prelevato quasi di peso all’aggravarsi delle condizioni del suo sconosciuto padre naturale. Il problema non è tanto che costui (Luigi Maria Burruano) stia per tirare le cuoia, bensì che è un pericoloso latitante. Le sue ultime volontà – del tutto sciagurate per il suo clan, amministrato dal losco avvocato Bruschetta – prevedono che il rampollo erediti ogni “affare di famiglia”… Le situazioni che seguono (dal disastroso addestramento tentato dagli antitetici scagnozzi Sperandeo e Lo Verso alle udienze concesse con reale generosità a sottoposti e protetti) possono suscitare una certa quota di sorrisi, orientate come sono a mettere opportunamente alla berlina il sistema mafioso e verso una goffa storia d’amore (con l’agente in incognito Daniela Virgilio), ma non ci si sposta da modelli collaudati (Johnny Stecchino, Corky Romano …agente di seconda mano). La buona notizia è che nel film del poco entusiasmante Lando (I soliti idioti, Amici come noi) una sceneggiatura c’è (scritta a 10 mani!). Viavai di caratteristi: Morelli, Pupella, Mahieux e perfino Jordi Mollà.

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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