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Recensione: Tuttapposto

Commedia che annusa l’aria (viziata) dei tempi, Tuttapposto è un debutto su misura per il comico Roberto Lipari. Si parla di università e cattive consuetudini.

Italia, 2019  di Gianni Costantino con Roberto Lipari, Luca Zingaretti, Viktoriya Pisotska, Simona Di Bella, Francesco Russo, Carlo Calderone, Maurizio Marchetti, Silvana Fallisi

Per il suo esordio al cinema da protagonista (dopo una particina in Classe Z), lo stand-up comedian (assai popolare sul web) Lipari scrive con Paolo Pintacuda, Roberto Anelli e Ignazio Rosato un copione attuale e affatto banale (qualche battuta loffia c’è, ma non importa) sui baronati universitari che ammazzano la meritocrazia e su una soluzione (non infallibile) per combatterli.

Roberto, figlio del rettore (Zingaretti) dell’ateneo dell’immaginaria Borbona Sicula (potrebbe essere dovunque, in Italia) che ha affidato le cattedre solo ad amici e parenti (irrispettosi, autoreferenziali, corrotti, maniaci, bacchettoni, assenteisti…), stanco di raccomandazioni e desideroso di fare colpo su una studentessa russa (Pisotska), rinuncia ai vantaggi, divide un appartamento con altri (perlopiù contrariati) studenti, si mette a lavorare in una friggitoria (di Sergio Friscia) e soprattutto crea un’APP per la valutazione dei professori; per un po’ funziona…

Il conflitto con il potente genitore, dotato di orologio fermo e scrollato dalla dimessa moglie (Fallisi, insostituibile), non è un tema secondario, la risata sprezzante di Marchetti al servile assitente Russo è da brividi e il finale utopistico è arguto. Dietro la cinepresa il regista del lontano Ravanello pallido, al servizio della trama. Cast giovane, rinforzato da volti noti non solo in Sicilia: oltre all’austera ministra Guerritore, ricordiamo almeno Sassanelli, Astorina, Bologna e Bruschetta, pure nel coevo e consimile Appena un minuto (notare le tre lettere-chiave in comune).

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Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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