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Don’t Worry. La singolare vicenda di John Callahan

Van Sant  in Don’t Worry rilegge ancora una volta da par suo una singolare vicenda umana. Un grande Phoenix (ricordando Williams) e un grandissimo Black.

Don’t Worry, He Won’t Get Far on Foot, USA/Francia, 2018  di Gus Van Sant con Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Jonah Hill, Jack Black, Tony Greenhand, Beth Ditto, Ronnie Adrian, Udo Kier 

John Callahan (1951-2010), incline alla bottiglia, a 21 anni si schiantò nell’auto guidata dall’inaffidabile amico di una sera Dexter. Le sue gambe restarono paralizzate, le mani offese, risollevarsi non sarebbe stato facile senza la dolcezza della volontaria Annu (con cui intessé successivamente una relazione), il carisma dello sponsor Donnie e la scoperta del disegno, grazie alla quale diventò un vignettista dotato di cinismo e (spesso autoironico) senso della provocazione che fecero discutere, certo, ma decretarono pure il suo successo.

Gus Van Sant si accosta educatamente all’ennesimo biopic della sua carriera, personalizzandolo attraverso le scelte insolite che ci si attende da lui (ricostruzione per flashback inclusa) e annaffiandolo di impercettibili sprazzi del suo cinema (ma gli accostamenti a Paranoid Park, tra skaters e incontri occasionali che segnano la vita in negativo, sembrano particolarmente pertinenti). Il progetto era stato sviluppato da e per Robin Williams, che pare ci tenesse molto (e nei titoli di coda ci sono dei ringraziamenti per lui); in effetti, perfino il make-up del camaleontico Phoenix richiama malinconicamente l’attore scomparso.

Un percorso produttivo lungo e accidentato (che ha coinvolto lo stesso Callahan), somigliante alla positiva vicenda umana del protagonista. Impareggiabili gli interpreti secondari: oltre all’eterea Mara, si stagliano magnificamente il semi-santone di Hill e soprattutto un Black tanto irresponsabile (prima) quanto interiormente consumato (dopo).

raxam

Essere avvolti dal buio, completamente proiettati verso un grande schermo sul quale si rincorrono immagini oggi squillanti, domani grigie, dopodomani mute, ma sempre in grado di creare cariche emotive più o meno durature, a volte perfino contrastanti. Sensazioni uguali e diverse delle quali Raxam non potrebbe fare a meno e della cui intensità propone la propria analisi. Condivisibile o meno, è comunque l'invito a non dimenticare un rito aggregativo e assai stimolante per la mente, perpetuatosi nonostante tutto per 120 anni: il cinema al cinema. E ragionarci su, o almeno provarci, non guasta mai.

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