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Dottor Faust medievaleggiante di Vincenzo Pirrotta al teatro Biondo

Nell’ottobre demoniaco e pagano di Halloween, il teatro Biondo ospita, sulla scena oscura e misteriosa della sua piccola sala Strehler, la vicenda tormentata del dottor Faust. A rileggerne le  oscure sorti, secondo personalissimi stilemi, l’attore e drammaturgo Vincenzo Pirrotta.

Saggezza debordante che conduce al maligno. In quest’unica frase si può opportunamente riassumere il carattere portante della vicenda del Dottor Faust.

Johann Georg Faust  fu alchimista, astrologo e mago itinerante tedesco, laureato presso l’Università di Heidelberg nel 1509.  Nella tradizione popolare, poi divenuta Tòpos, si risolse a suggellare un patto col diavolo. Il mito del Faust, divenuto iconico, ha attraversato imperturbabile i secoli. Da leggenda si è fatto, di volta in volta, fiabesco, teatrale, letterario, artistico, mediatico.

Attore e drammaturgo, Vincenzo Pirrotta si approccia alle tetre vicissitudini del Dottor Faust.

Pirrotta lavora sulla pieçe teatrale “La tragica Storia del Dottor Faust” scritta da Christopher Marlowe nel 1590. Ne estrae la liturgia ferina ed ineluttabile di Lucifero, una volta che questi è stato evocato dagli abissi dell’inferno.

Sulla scena si modella una turbolenta e continuata messa nera. Terrificante quando declamata in latino dal roco gutturale di una voce virile ed esagitata. Lussuriosa quando, femminea e subdola, incede sensuale a passo di tango. Sacrilega quando, a suggello della propria perfidia, si serve di incenso consacrato. Spiritica, quando si raccoglie in un cerchio di candele accese in attesa dell’inevitabile tormento eterno. Faust

Pirrotta la affianca ad un Dottor Faust dalla veracità tutta palermitana, nell’uso sanguigno e incrostato del dialetto siciliano. Il suo personaggio si rimescola nella memoria storica ad un altro noto alchimista ed esoterista, il palermitano Cagliostro. Un Faust  tanto umano, dal libero arbitrio che sfugge alla ragione delle cose celesti (l’angelo in luce azzurra) per naufragare nei deliri di onnipotenza del demonio (il diavolo in luce rossa). Un Dottor Faust debole della propria bramosia di potere, fisica e metafisica, e da essa totalmente obnubilato e schiavo.

Il richiamo alla rappresentazione sacra medioevale è assoluta e innegabile. L’intero spettacolo è marchiato a fuoco da una tale costruzione perentoria e moraleggiante. Una vera e propria forma atta ad intimidire l’animo cristiano dal perseguire il male, pena la dannazione eterna.

FaustNel ruolo di Mefistofele, fido demone e rappresentante di Lucifero, la poliedrica attrice Cinzia Maccagnano.  È un essere muta forma, che trascende il tempo e sempre tormenta l’umanità, come ben si addice alle creature infernali. Sarà lei la vocalist cavernosa e dannata che vivifica i mali supremi dei nostri tempi. L’omologazione sociale, la mediocrità, l’indifferenza, tutto amalgamato in uno psichedelico torpore electro-dance. Nella figura di Mesfistofele l’oggi che affiora dalle brume del Faust storico.

Ricco di simbolismo, materico ed esoterico, lo spettacolo intero evoca nelle menti e concretizza agli  occhi immagini forti e aberranti. Si percepisce una forsennata e conscia perdizione della mente (oltre che dell’anima) a cui il pentimento a nulla serve. E la recitazione tormentata, febbrile, espressionista e ansiogena di Pirrotta ben le si coniugano.

Il Faust di Vincenzo Pirrotta reca il sottotitolo “arricogghiti u filu” (raccogli il filo) con mirato riferimento al gesto finale del protagonista,  in scena, di ri-avviluppare il filo rosso della propria esistenza. È il mesto cammino sulla strada dell’eterna dannazione, probabilmente il ritorno ad un unico male generatore. Non per nulla Faust e Mefistofele si abbracciano e svaniscono dentro una candida e luminosa placenta cilindrica.Faust

Spettacolo sinistro, torbido e onestamente angoscioso. Molto applaudito dal pubblico che riempiva il ridotto, con gli attori chiamati ben 5 volte alla ribalta. Un bel successo per Pirrotta e la Maccagnano, ma anche per Luca Mauceri che ha brillantemente composto le musiche e per Nino Annaloro che ha curato nel dettaglio le luci. Una buona inaugurazione, per il teatro Biondo, della stagione 2019 della sala Strehler. Repliche fino al 4 novembre.

 

Enrico Rosolino

Enrico Rosolino apre il suo cuore al mondo delle arti alla tenera età di 2 anni, allorquando assiste alla proiezione cinematografica del lungometraggio animato di Walt Disney, Biancaneve e i sette nani. Ha inizio così un lungo percorso di scoperta e apprendimento nel variegato e sfaccettato mondo delle arti. Da piccolissimo si appassiona alla recitazione. Negli studi pone molta enfasi e impegno nelle materie umanistiche e, dunque, sceglie un liceo Classico. Durante l'adolescenza si diletta nella lettura ed interpretazione -a voce alta- dei classici greci. A 15 anni si avvicina concretamente al mondo della danza. Prende lezioni di balletto classico per 12 anni, e ad anni alterni segue dei corsi di danza moderna e contemporanea. L'arte coreutica diviene la sua più grande passione e territorio prolifico di ricerca. Si laurea allo STAMS di Palermo, e si specializza al DAMS di Bologna. Nel capoluogo emiliano affina e porta a più completa maturazione le sue conoscenze e il suo senso estetico e critico d'ambito teatrale. Viaggia molto, visita Parigi, New York, Londra, Barcellona, Copenaghen, Boston, Atene e molte altre città del mondo godendo di un approccio diretto e sentimentale con le di loro bellezze artistiche e culturali. Vive attualmente a Palermo e coltiva moltissimi interessi nei più svariati contesti. Da giugno del 2021 è iscritto nell'elenco dei giornalisti pubblicisti presso l'Ordine dei Giornalisti di Sicilia, per Verve si occuperà della rubrica dedicata al Teatro, alla cultura, e agli eventi dal vivo.

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